Risultati della ricerca per: sergio spampinato

NICOLA SERGIO TRIO
"Flamants Roses"
(InOuie, 2022)

I fenicotteri rosa, in un punto ideale d’incontro tra immaginazione e reale, costituiscono il riferimento dell’estetica visuale e musicale del nuovo lavoro, Flamants Roses, del pianista italiano, di stanza a Parigi, Nicola Sergio, che con il suo trio, formazione canonica nel jazz (piano-contrabbasso-batteria), costruisce lentamente e in modo pacato stratificazioni di emozioni su armonie trasognanti. Al trio (Mauro Gargano al contrabbasso e Christophe Marguet alla batteria) si aggiunge in diversi momenti il sax soprano di Jean-Charles Richard, a dare colore nell’esposizione dei temi e a dipingerne gli sviluppi. Le composizioni sembrano evocare degli immaginari flussi migratori tra il Mediterraneo e l’America Latina e le melodie divengono subito familiari per il loro accesso immediato all’ascolto. L’atmosfera tuttavia cresce e si fa più rigida a partire dalla tensione monotonale della quinta traccia, Marabouts, i marabù, gli uccelli che depredano i fenicotteri. La vita però rinasce già dalle ultime note del brano dai richiami arabeggianti che dischiudono il cielo verso schiarite estese con l’improvvisazione più spinta nei soli del piano (Velvet), fino a ritornare ciclicamente alla calma iniziale ritrovata, che ha assunto però una consapevolezza dei pericoli accaduti, Léonard, spingendosi oltre, Children Circle, tracce di chiusura prima della bonus track della stessa title-track Flamants Roses, stavolta eseguita in un dialogo libero a due tra piano e sax, il cui riascolto getta una luce differente sull’esperienza in precedenza trascorsa.

Sergio Spampinato

 

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MOOR MOTHER
"Jazz Codes" (Deluxe Edition)
(Anti Records, 2023)

La prolifica e instancabile Moor Mother – aka the songwriter, composer, vocalist, poet, and visual artist Camae Ayewa – ritorna, anche se in verità non ci ha mai lasciato un momento, con una deluxe edition, una versione estesa di quello che è stato uno dei capolavori del 2022, Jazz Codes, un album il cui titolo può sembrare fuorviante se si pensa alla musica che ne è contenuta, una rottura di codici e stilemi. Tuttavia, questa rottura avviene attraverso l’utilizzo di strumenti e fraseggi che possono essere definiti propri del jazz, sui quali sovrasta l’elettronica e lo spoken word raffinato e tagliente della leader e dei suoi collaboratori vocalist, come Thomas Stanley, il cui discorso parlato, nella diciottesima traccia, piò essere considerato un manifesto programmatico sul futuro del jazz.

In questa deluxe edition compaiono 6 tracce in più rispetto alla versione digitale e a quella in vinile, 3 delle quali erano già contenute nella versione in CD. I musicisti che suonano nell’album sono tantissimi, tra cui anche quelli del quartetto Irreversible Entanglement, di cui Moor Mother è stata punta di diamante e che l’ha portata alla ribalta internazionale, partecipando anche a un album e a un tour con gli Art Ensemble of Chicago. La poetica attraversa diversi ambiti della black music (jazz, hip-hop, soul, r&b) restituendo, con il suggello dell’elettronica di cui la giovane madre mora discendente dall’Africa è compositrice d’avanguardia, una sorta di compendio di antologia della black music e al contempo l’originalità di una musica nuova e autentica.

Sergio Spampinato

 

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JAMES BRANDON LEWIS
"Eye Of I"
(Anti Records, 2023)

È pacifico che la figura di John Coltrane ha lasciato un’immensa eredità mai esauribile, e forse il musicista che più incarna il carattere solenne e la potenza del suono struggente, elementi tipici della musica coltraniana, è il giovane, ma ormai attivo da anni sulla scena internazionale, tenorsassofonista James Brandon Lewis. I suoi precedenti lavori, in particolare gli ultimi pubblicati dalla Intakt Records in quartetto nonché il prezioso progetto Jesup Wagon, sono saliti alla ribalta dell’avanguardia in un punto di congiungimento con lo stile più classico del jazz nel fluire secolare della black music.

Questo nuovo album, Eye Of I (il primo su Anti Records) con un gioco di parole dalla fonetica che si ripete, anche questo elemento di musicalità, rappresenta la panoramica di una visione intuitiva dell’universo che spazia dalla metafisica lirica del suono alla sua forma materiale più rude, passandovi attraverso delle ballad eseguite con un trio in cui il violoncello di Chris Hoffman sostituisce in chiave innovativa il ruolo classico del contrabbasso nella sezione ritmica, accanto alla imponente batteria di Max Jaffe. Meravigliosi i temi delle composizioni di Brandon Lewis, come anche l’esecuzione corale con l’aggiunta della tromba di Kirk Knuffke nella lieve variazione sul tema di Someday We’ll All Be Free del grandissimo Donny Hathaway. Un altro maestro omaggiato è Cecil Taylor, con la perturbante rumorosa Womb Water. La conclusiva Fear Not è un capolavoro realizzato con la band dei Messthetics, il gruppo di Joe Lally e Brendan Canty dei Fugazi con il chitarrista Anthony Pirog, anche questa una ballad struggente, ma dalla ritmica rock, in un crescendo di suoni che si espandono sulle vette raggiunte dalle note del sassofono. Non c’è molto altro da dire per lasciarsi all’ascolto di un album che rimarrà negli anni a venire.

Sergio Spampinato

 

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Someday We’ll All Be Free

Eye Of I

CHRISTOPH IRNIGER PILGRIM
"Ghost Cat"
(Intakt Records, 2023)

Christoph Irniger è un tenorsassofonista svizzero che ha inciso diversi album per la prolifica etichetta Intakt Records, anch’essa svizzera, sempre con il quintetto Pilgrim. È un jazz disteso quello di Ghost Cat (uscito il 20 gennaio 2023), rilassato, con lievi differenze di intensità quasi impercettibili, come nella traccia iniziale Marvel, ma che apre sempre lo spazio a numerosi crescendo con tempi di simultanei interplay tra più strumenti che si giustappongono tra loro, creando una musica d’insieme che diventa sperimentale. Non mancano però i momenti più canonici dei soli, come quello del leader nella seconda parte di Calling The Spirits, e quelli dell’innovativo chitarrista Dave Gisler e del pianista Stefan Aeby nella title-track Ghost Cat, con lo spettro del gatto che viene evocato quando il quintetto ritorna al completo con il malinconico tema finale. La sezione ritmica con Raffaele Bossard al contrabbasso e Michael Stulz alla batteria è sempre dinamica nell’interazione con gli altri. L’atmosfera è a tratti rarefatta, come in attesa, a tratti densa, esplosiva, mai monotona, i musicisti si passano a vicenda le melodie di un discorso che si porta avanti anche con interferenze volute. Un album che conferma che anche il jazz europeo vive un periodo fecondo.

Sergio Spampinato

 

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