La New York anni ’70, post Velvet Underground, post Warhol, rappresenta l’ideale punto d’incontro tra arte e musica. Ai salotti glamour si contrappone però un’urbanizzazione selvaggia, opprimente ed alienante. Ed a voler cercare uno specchio sintomatico di questa condizione, è facile trovarlo nel gruppo che rappresenta meglio il riflesso di questa angoscia urbana, i Suicide.