APPALOOSA
"Trance44"
(Black Candy, 2014)

AppaloosaTrance44 è la sesta uscita, remix compresi, a nome dei livornesi Appaloosa. Il disco è uno strumentale, solido ed affascinante, che si muove nei territori di un math rock sporcato da influssi tribali ed esotici. Il che vuol dire poco di sensato, ma significa che dal vivo, come al solito, ci si aspetta dai nostri uno spettacolo da goduria infinita. La dimensione live è infatti la più congeniale per le loro cavalcate soniche vitaminizzate da basso e batteria, siano esse appoggiate sulle rassicuranti onde rantolanti da un vecchio synth o sugli eclettici e schizoidi campioni che sono entrati nel sound della band da qualche tempo.

E su disco? La solita manciata di bei pezzi, un disco da ascoltare tutto d’un fiato. I momenti migliori? Barabba (Lu Re), un bel giro di basso che si fa strada fra distorsioni e filtri, detta il tempo ed invita tutti a battere i piedi, Deltoid, il singolo, che richiama ad un severo ma benevolo sguardo sul presente, marziale eppure non privo di dolcezza. Trance44 è dialogo fra profumi d’oriente, spiriti mistici e vagamente alterati, ed un basso in fuga, in cerca di riposo e protezione. Polfer è dichiarata metafora sonica di un treno in corsa, ritmo serrato, pochi spazi per brevi riflessioni e poi di nuovo a capofitto nei riff. L’album si chiude con Super Drug Bust, un giro drum and bass immerso in un sogno liquido che richiama atmosfere esotiche a buon mercato.

C’è chi definisce psichedelia la musica degli Appaloosa, ma sul punto non concordo. Mi sono sempre sembrati molto umani e terreni, anche nelle loro cavalcate oniriche e più mistiche. Più fisici che eterei, da occhi aperti e pulsioni al basso ventre, più che da teste ondeggianti e flussi di coscienza. Faccio uno sforzo, voglio concederla: chiamiamola psichedelia da ballo. In questa sono i migliori, al momento.

Luigi D’Acunto