GRAMMOPHONE
(Campagna, 7 marzo 2014)

GrammophoneVenerdì 7 marzo i Grammophone hanno ripreso il loro tour dall'”Acqua e Fuoco”, lo storico locale di Campagna (ex Le Maschere), in provincia di Salerno. Vedere il quintetto suonare a due passi da casa è stato un po’ come assistere a un’esibizione di Capossela a Calitri o ad Andretta. Al di là dei generi differenti, pare vi sia una costante per chi si esibisce dinanzi a un pubblico “amico”: quell’atmosfera raccolta, rilassata, condivisa da chi suona e chi ascolta, che spinge le parti a divenire un unico insieme, come nei baccanali di un rito pagano. I Grammophone suonano i brani che in due anni hanno ideato, arrangiato e infine inciso (Multiverso il loro disco di debutto, Subcava Sonora 2013) e sui quali hanno avuto modo, nell’ultimo anno, di acquisire quella padronanza che solo l’esperienza live permette. La sinergia creata tra Felice Calenda (Basso e Voce), Cristian Peduto (Synth, Piano, Cori), Gianni Anzillotta (Chitarra, Effetti), Antonio Concilio (Chitarra, Effetti, Cori) e Nicola Bonelli (Batteria), è evidente non meno di quanto possano esserlo, in un organismo, gli effetti della termogenesi. L’originale metrica di Calenda – in cui vengono dosati col misurino (ma a pennello) inglesismi che altrove stonerebbero – ben si sposa con gli arrangiamenti della band, dove ognuno sembra seguire il suo stile apparentemente indipendente da quello dei compagni (come accadeva nei migliori C.S.I, quelli di Ko De Mondo e Linea Gotica). La versatilità dei Grammophone la si sente tanto nelle tastiere a tratti progressive di Peduto (che in alcuni momenti ricordano il miglior Roger Hodgson, soprattutto nei validissimi brani inediti, non inclusi nel disco), quanto negli arpeggi di Anzillotta, simili ad un’equazione soul in cui le file rouge è l’assoluta fusione, riconoscibile nel “contatto”, talvolta addirittura fisico, tra i cinque musicisti. Il messaggio sembra chiaro: nell’ordine perfetto dei Grammophone nessuno può prescindere dall’altro, caduti sulla scena rock e condannati a rimanerci a lungo, come se fossero neve destinata a non sciogliersi.

Emanuele Bukne