EDDA
"Stavolta Come Mi Ammazzerai?"
(Niegazowana, 2014)

EddaUna volta si diceva “è un artista intenso”, per celare lavori poco a fuoco, spesso di nomi affermati, magari in pericoloso equilibrio fra il mestiere e la oggettiva mancanza di idee. Ci sono invece gli artisti intensi davvero, che riescono a trasmettere l’intensita dopo pochi secondi, dopo solo poche strofe, apparentemente senza senso, ma che tanto sanno trasmettere a chi ancora ha voglia di considerare l’arte come un abbandono, e non la cronica voglia di classificare generi, concetti e suoni. Edda, indovinate un po’, per me appartiene di diritto all’esclusivo club dei secondi. Dopo dieci anni di oblio nel 2009 un album favoloso, Semper Biot, per me forse il miglior album italiano degli anni ’00, ed un seguito, un paio di anni fa, Odio I Vivi, più elettrico e apparentemente meglio prodotto, con momenti di rara illuminazione.

Da qualche giorno è in giro Stavolta Come Mi Ammazzerai?, ed ancora bastano pochi secondi dell’iniziale Pater per confermare il tocco magico di un vero sopravvissuto alla vita, alla propria sensibilità, ad una vicenda difficile eppure così umana ed in fondo speriamo a lieto fine da rendere più giusto questo mondo. Tanti i momenti di ispirazione di questo lavoro. La già citata Pater, sfogo disperato eppure non senza un alito di speranza sotteso, Coniglio Rosa, ballata sghemba d’altri tempi, qualsiasi cosa voglia dire, Stellina, un ritorno a distortissime atmosfere anni ’90 ed una conferma di quanto Edda abbia lavorato sulla voce senza perdere d’immediatezza. Sorprendono certi suoni, strappati da dimenticati synth anni ’80, apparentemente così lontani dall’humus di Edda, eppure inglobati in maniera quasi esaltante in un flusso di emozioni che funziona, vedi Bellissima. Certo non mancano momenti meno convincenti, Mademoiselle, in cui la produzione è troppo ingombrante e soffoca qualsiasi tentativo di elevazione, o Yamamay, in cui la scarnezza dell’arrangiamento cozza con l’immediatezza del canto. Non è un peccato originale, altre volte la dicotomia funziona. Si ritorna a livelli altissimi con Ragazza Porno, evocativa di speranze illuse e cinica osservazione della realtà. Qui i suoni sono accattivanti, distorti e decisi, le urla di Edda picchiano a dovere senza far male, ma in maniera decisa, perentoria. Peppa Pig, a dispetto del titolo, o forse proprio in virtù di quello, rappresenta quello che mi piace di Edda. Crudezza, volgarità apparente, scudo verso l’apertura cronica del proprio cuore verso le cose belle, le emozioni più semplici, di fronte alle quali ognuno si sente biot, nudo. Ecco che torna. Si chiude con due diamanti, Mater, disperato atto d’amore e forse di pentimento e rimorso per le occasioni perse, e Saibene, ballata classica voce e piano, se vogliamo definirla. Questo per chi non si rassegna a non trovare una casella in cui identificare un gran pezzo senza rassegnarsi beatamente ad ascoltare un flusso di emozioni e confessioni.

Conclusione: che genere fa Edda, a chi consigliarlo? Rock, cantautorato d’avanguardia, in fondo va tutto bene. Non saprei, ma son sicuro che è un gran disco. Da ascoltare e metabolizzare, stando attenti ad ogni singola parola, sperando in fondo di non capirci molto, perchè, come diceva un grande, capire in fondo è inutile.

Luigi D’Acunto