FRAMMENTI DI LAMETÀFISICA (ALESSANDRA ZERBINATI) RACCOLTI DA DANILO D’ALESSIO

Alessandra Zerbinati 4“LaMetàFisica, all’anagrafe Alessandra Zerbinati, classe 1980, è una danzatrice performer italiana che, dopo molti anni impegnati nelle creazioni coreografiche, da circa un anno porta avanti il suo progetto solista sull’utilizzo del corpo e del suono. Debutta a Londra lo scorso Ottobre. Un concetto eterodosso che vede come elemento essenziale la distorsione del suono e della forma in uno scenario “Funny Peculiar” imbandito con giocattoli modificati, trottole, carillon, vecchi giradischi, walkman, minidisc, loopstation ed effetti. Nei suoi live, il set up vintage è divertente e in netto contrasto con il noise raffinato, triste vicino all’amplesso come alla morte, abbandonato e malato come un bambino deviato. Alle sue spalle un video scarno, minimalista, sulla deformazione del corpo, bianco e nero, un accenno di colore, un crisantemo sulla lapide. I suoi lavori parlano di depressione, solitudine, inadeguatezza, sessualità perversa, malattie sociopatiche infantili, il tutto controllato da un minipony dell’83, direttore artistico e magnate de LaMetàFisica.”

Lavori costantemente con l’idea di decostruire la musica, il suono e la sua teoria, come se volessi riportare alla luce lo sfondo deteriorato del vinile come medium, i rumori residui che vengono spesso persi contribuiscono a rendere l’ascoltatore consapevole del mezzo di vinile. C’è in te una consapevolezza di tutto ciò?

Ho sempre adorato i vinili, fin da piccolissima quando mio padre mi faceva imparare le più belle arie dell’opera a memoria e mi faceva ascoltare da sotto il tavolo del suo studio i vinili dei grandi degli anni ’40, 50, 60 ecc. … in particolare ricordo il pezzo Gioco Di Bimba delle Orme, tratto da Uomo Di Pezza del 72, concept album sul manicomio, e non ho mai smesso di collezionare e ascoltare vinili, affascinata dal solco, mi sono sempre sembrati cicatrici sonore. Nella smania di manipolare il suono e usare frammenti di questi vinili, un giorno sono andata a registrare i suoni di una vecchia falegnameria e mi sono fatta tagliare nei punti che volevo vinili vari con la sega a nastro e il seghetto alternativo, da lì non mi sono più fermata e ho continuato a modificare il suono dei dischi dando fuoco ai solchi, intagliandoli, assemblandoli, persino portandoli a fare il bagno al mare con me.

Mi ricordi per certi aspetti Philip Jeck, compositore inglese multimediale, turntablist e coreografo. La tua arte si può associare alla scultura. Ti senti vicina artisticamente a lui?

L’utilizzo delle fonovaligie amplificate con microfoni effettati con pedali di ogni genere, rendono il prodotto vicino alla scultura nel senso di installazione, Jeck in questo è un maestro.

Lui è anche appassionato di esoterismo, tu?

Assolutamente no, non sono riuscita nemmeno a fare l’orto nel mio giardino.

Alessandra Zerbinati 3Quale tipo di giradischi, effetti o altri marchingegni usi per i tuo set? Che tipo di frequenza prediligi?

I giradischi sono fonovaligie vintage originali di diverse marche e modelli, uso moltissimi supporti per cassetta come walkman, tape recorders, ghetto blaster ecc. Registro suoni di ogni genere su cassetta, utilizzando spesso microfoni giocattolo o apparecchiature molto vecchie.Il suono su nastro s’imprime già distorto.

Che tipo di frequenze prediligi?

Non prediligo frequenze, amo il pink noise, ma solo perchè è pink.

Alessandra Zerbinati 5A proposito, potresti parlarmi del tuo ultimo lavoro l’audiocassetta “Catherine” uscita in edizione ultra limitata per la label Soundscape 713?

Catherine è un concept work sui disturbi di schizofrenia infantile, violenza, depressione e anoressia, realizzato nei parametri della musica concreta, della plunderfonia e del noise. Le sei tracce raccontano la storia di Cat, dai primi anni dell’infanzia fino al suicidio in età adulta. Pony è stata realizzata campionando su microcassetta delle gomme da masticare e alcune interviste psichiatriche a una paziente di 6 anni. Parla del suo istinto omicida nei confronti del fratello e dei genitori. Teddy Bear Airport si basa su campionamenti su nastro di monologhi tratti da film sperimentali e interferenze radio. Racconta del rifiuto del proprio corpo e le problematiche di natura sessuale della protagonista nella prima adolescenza. In Mama Do Not Cry vengono usati campionamenti di giocattoli e le registrazioni delle onde sonore emesse da 6 trottole di latta. È un saluto volto a consolare la madre prima del suicidio, il quale viene svelato in Chrysanthemum, traccia realizzata con vinili modificati e 4 fonovaligie vintage. La scelta del nome Catherine si ispira alla “Dama Con Liocorno” del Raffaello, raffigurante Caterina D’Alessandria martire, la quale, in modo visionario, poetico e quasi sacro, rappresenta la natura più profonda del dolore. L’art work della copertina è stato realizzato a mano dalla stessa LaMetàFisica con penna Bic nera ed è la rappresentazione iperrealista di un cadavere mutilato.

Alessandra Zerbinati 1Mostri spesso il tuo corpo in maniera un poco osè per i bigotti, soprattutto su Facebook. Ti piace “esibirti”? Ti ha mai creato problemi?

Come ti ho già detto ho iniziato a frequentare l’ambiente teatrale da piccola, ambiente dove il corpo esposto integralmente è come il dentifricio sullo spazzolino, normale, all’ordine del giorno, non ho mai visto la mia nudità come qualcosa di provocante, provocanti sono i corpi giovani con la pelle perfetta e i seni prosperosi. Io mi preoccupo esclusivamente della sua forma, con gli abiti è più difficile e nelle foto molti altri sono gli elementi sul quale vorrei che le persone si focalizzassero, c’è molto di me a partire dalla mia casa, dai miei libri, i miei giocattoli, i miei strumenti. Su Facebook sono stata segnalata più volte, sinceramente credo che pochi capiscano il senso delle foto. Non è esibizionismo fine a se stesso, è più che altro un appello. Poche persone mi conoscono, non amo frequentare molto la gente, ma chi mi conosce sa che io non mi ritengo nè bella nè attraente, anzi il contrario, odio il mio aspetto dalle medie.

A proposito di corpi “esposti” anche in maniera più esplicita … tempo fa lessi un interessante libro di Nadine Strossen “Difesa Della Pornografia. Le Nuove Tesi Radicali Del Femminismo Americano”. Cosa ne pensi riguardo all’argomento pornografia?

Si fa un clamoroso errore a schifare la pornografia, credo sia didattica. Donne e uomini dovrebbero prendere spunto dal materiale che è a disposizione sia per migliorare la qualità tecnica delle prestazioni, ovvio, anche con l’aiuto di alcuni libri, sia per capire cosa eccita, non sempre i soliti elementi di bellezza e provocazione bastano a soddisfare l’immaginario hard delle masturbazioni di tutti. L’unico appunto che faccio alla pornografia è la totale assenza di buon gusto nelle scelte estetiche, sottolineo pornografia (non erotismo), look dozzinale e soundtrack da CD in offerta all’Autogrill. Insomma, piuttosto che fare zapping compulsivo tra una trasmissione sulla cucina e un reality sugli idioti, consiglio a tutti di sfogliare le categorie di You Porn, non tanto per una sveltina fai da te, ma per conoscenza. La pornografia insomma è didattica dall’aspetto becero e il contenuto utile.

So che preferisci suonare seduta per terra, mi ricordi i bambini, il gioco spesso avviene per terra, ci vedo una forte componente ludica, è così?

Adoro stare per terra, i cani lo fanno, dopotutto io mangio una volta ogni 16 ore e ho un collare costruito apposta per me.

Si, ma la componente ludica?

Non me ne frega un cazzo dei bambini, che giocano per terra, io ho sempre giocato dentro la vasca da bagno.

Sei molto legata alla figura dell’Invisibile Unicorno Rosa, spesso utilizzato soprattutto sui siti web e nei forum dedicati all’ateismo, a scopo di divertimento ma anche di critica o satira contro le posizioni teistiche, fai parte anche tu di questa corrente “spirituale”?

Gli Invisibili Unicorni Rosa sono esseri dotati di grande potere spirituale. Questo lo sappiamo perché sono capaci di essere invisibili e rosa allo stesso tempo. Come tutte le religioni, il Credo negli Invisibili Unicorni Rosa è basata sia sulla logica che sulla fede. Crediamo per fede che siano rosa; per logica sappiamo che sono invisibili, perché non possiamo vederli.

Il tuo rapporto con il cinema, registi tipo Harmony Korine, e la video arte?

Film da sempre, di ogni epoca e genere, non amo uscire tra la gente e non ho il fidanzato, quindi guardo più di sei o sette film alla domenica. Harmony Korine è il mio prediletto, è putrido, pervertito e mette sempre elementi pupazzosi e giocattoli nei set, I Love My Little Roaster poi, è sempre nell’autoradio. Ultimamente ho prelevato campioni dei film dello svedese Lukas Moodysson, adoro i suoi lavori, in particolare “Container” e “A Hole In My Heart”, la chiamo plunderfonia filmica. Ovviamente i campionamenti li faccio usando attrezzatura super professionale, come il microfono del karaoke di Barbie. Ho un rapporto morbosetto con il cinema, se sono abbastanza allegra da mettere il naso fuori casa e ho due soldi in tasca, entro in una sala nel primo pomeriggio e esco dopo l’ultima programmazione, è bello anche strafogarsi di pop corn, pepsi e caramelle. Passo le domeniche sul divano con la scatole di cereali sottobraccio a guardare film, la solitudine è bella per questo.

Infine cosa è per te l’ispirazione?

Ho sempre danzato e non sono mai stata ispirata da danzatori o coreografi, credo sia troppo facile cadere nello scimmiottamento, involontario per carità, dell’artista prediletto nel noise, nella musica è lo stesso, dunque ascolto tantissima roba per feticismo, per dipendenza, per attrazione morbosa, ma nella pentola c’è di tutto, dalla lirica al pop anni ’50, dalla musica classica al punk senza escludere cantautorato, rap, post rock e qualsiasi cosa accessibile per karaoke, ma la considero conoscenza non ispirazione, a quella ci pensano registi come Harmony Korine, cartoni animati degli anni ’80, i look di Edie e delle bambine randagie indiane, qualche rivista del cazzo e la letteratura giapponese, erotica e nonsense. L’ispirazione rimane comunque di tipo estetico.

Danilo D’Alessio