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Il nichilismo avanguardista della new wave inglese!

MagazineFine anni ’70! In molte città europee si respira aria di libertà e aleggiano nuovi impulsi artistici. La musica progressive, nata con Genesis, Jethro Tull e Yes viene spazzata via definitivamente da un suono, ribelle ed aggressivo, che coinvolge centinaia di adolescenti in tutto il mondo: il punk. Dall’Inghilterra e dall’America partono nuovi stili e nuove tendenze, sia nel look che nella musica, una vera rivoluzione. Artisti di ogni sorta “strimpellano”, con chitarre e batterie, senza una meta, ma con uno spirito comune e provocatorio dettato da impulsività e creatività. Non è importante come o dove si suona, ma cosa si suona. Le case discografiche pubblicano dischi a ripetizione, con tendenze diverse di generi e sottogeneri, nuovi club spuntano come funghi e decine di etichette indipendenti si affacciano al mondo discografico. Tantissimi gruppi nascono e muoiono nell’arco di un disco, se non di un singolo, altri cambiano nome, altri ancora stile, regalando a volte delle vere e proprie gemme. In Inghilterra i cambiamenti sono fulminei, i Sex Pistols si sciolgono nel 1977 ancor prima di pubblicare il loro primo ed unico album, mentre il vocalist Johnny Lydon forma i Public Image Limited, creando un nuovo post-punk acido e metallico. I Wire si presentano prima col punk evoluto di Pink Flag poi col post-punk di ricerca di Chairs Missing ed infine consacrano il loro successo con l’oscuro 154. Gli Ultravox di John Foxx creano un suono alieno e metropolitano, inaugurando un look quasi futurista. I Siouxsie And The Banshees, fan ed amici dei Sex Pistols, partono col punk, per poi deviare verso uno stile molto personale, “gotico”, enfatizzato tra i solchi dei primi due dischi The Scream del 1978 e Join Hands del 1979.

Tra le tante formazioni punk che riempiono la scena ci sono anche i Buzzcocks, capitanati dal geniale Howard Devoto. La band si ispira al proto-punk americano e all’elettronica d’avanguardia. Nel luglio del 1976 aprono il concerto dei Sex Pistols a Manchester e a fine anno registrarono il loro primo EP, Spiral Stratch, prodotto da Martin Hannett, considerato ormai un classico del punk inglese. Ma Devoto vuole allargare i suoi orizzonti e allontanarsi dallo spirito anarchico e ribelle del periodo, così, dopo un breve periodo di attvità, lascia la band. Nella sua testa aleggiano prospettive musicali con riferimenti al kraut rock tedesco, al glam e ad una certa elettronica evoluta. Nel 1977 conosce John McGeoch, col quale comincia a comporre nuovi brani, poi si aggiungono: Barry Adamson al basso, Martin Jackson alla batteria ed infine Dave Formula alle tastiere. Nascono i Magazine.

Real LifeIl singolo di esordio, Shot By Both Sides (gennaio 1978) che si avvale di un utilizzo articolato delle tastiere, è un vero e proprio manifesto del post-punk. Il discreto successo porta la band negli studi di registrazione per elaborare e comporre nuovi brani che verranno pubblicati nel loro primo album per la Virgin Records: Real Life. Il disco è un piccolo affresco di art-rock ben congeniato, i brani sono complessi e ben organizzati, senza mai perdere in spontaneità. Tonalità ondeggianti e suoni avanguardistici ne fanno un piccolo capolavoro. La chitarra di McGeoch viene rincorsa dalle tastiere di Formula, mentre il giro di basso ossessivo di Adamson e la batteria di Jackson completano il nuovo sound della band. Real Life parte con Definitive Gaze, un brano bizzarro che ammicca al suono punk ma che nel frattempo crea onde psichedeliche grazie ad un uso pregevole delle tastiere. Anche se lo zampino del progressive si fa sentire in My Tulpa, è solo un accenno al passato. I Magazine vogliono, come tutti all’epoca, stupire e provocare, seppur con stile. Shot By Both Sides, la meraviglia post-punk che tutti ricercavano, è l’inno della nuova generazione, con le sue sfrecciate chitarristiche e la batteria impazzita rincorsa dal basso di Adamson. I brividi arrivano con Motorcade in cui partono lentamente le tastiere di Dave Formula e la voce schizoide di Devoto. Poi la tempesta, forse lo stupore della luce, forse l’inferno: The Light Pours. La copertina è un colpo nell’occhio, i musicisti si trasformano in quattro figure espressioniste, grottesche ed anomale, su uno sfondo scuro: suggestiva! Nonostante alcuni brani fossero già stati stati pubblicati un anno prima e le vendite siano state discrete, il disco in prima battuta passò inosservato, venne rivalutato solo successivamente.

Secondhand DaylightDei due singoli (entrambi del 1978) che precedono il secondo album (Secondhand Daylight), mentre il primo, Touch And Go segue la scia di “Real Life” il secondo, Give Me Everything, in cui fa il suo ingresso John Doyle alla batteria, lascia presagire un po’ gli sviluppi futuri della band. Secondhand Daylight presenta un suono più maturo, sperimentale ed “oscuro”, quasi glaciale. Formula è al massimo delle sue potenzialità e le tastiere assumono una valenza determinanate. L’iniziale Feed The Enemy è spettrale, con un intro strumentale apocalittica, quasi una rivisitazione sperimentale del progressive. A seguire Cut-Out Shapes, Rhythm Of Cruelty, dove a farla da padrone è la chitarra irruente di McGeoch, la strumentale The Thin Air, tra vortici di synth e sax lunari, e la conclusiva, Permafrost, incrocio perfetto tra art-punk e decadenza glam. Un capolavoro! Gli artwork dei singoli e del disco sempre misteriosi ed affascinanti.

I Magazine, di lì ad un paio d’anni, tra cambiamenti di formazione, dipartite e nuovi dischi dai rinnovati caratteri stilistici, alcuni dei quali baciati anche da un discreto successo, ma carenti di quell’irruenza e di quell’originalità degli esordi, molleranno la presa. Real Life e Secondhand Daylight, lasceranno per sempre un segno indelebile nella nascita di un nuovo stile e di un nuovo suono, dirompente ed energico, sperimentale e personale, equilibrato e morbido, articolato ed arrangiato, che passerà alla storia con il nome di “new wave”.

Angelo Demonte