THE THREE BLIND MICE
"The Chosen One"
(Pale Music, 2015)

The Three Blind MiceRecensire un disco prodotto da Kristof Hahn, per me che sono un fan della creatura Swans fin dagli albori come Circus Mort è un grandissimo piacere oltre che privilegio. The Three Blind Mice sono un gruppo di cowboy metropolitani provenienti da Milano e giunti al loro secondo lavoro sul finire del 2015 (in realtà sarebbe un terzo per via di un EP pubblicato nel 2010). 
The Chosen One esce a tre anni di distanza dall’ottimo Early Morning Scum e, come nel precedente album, l’anima blues viene rivisitata ed accorpata in uno scenario di pallida ambientazione urbana e metropolitana dove viaggiare verso un luogo di non ritorno rappresenta l’unica via di fuga.

River Of No Return, brano d’apertura, è l’ideale punto d’incontro tra gli Swans meno sperimentali e il Nick Cave più ispirato dove la voce di Manuele Scalia fa da padrona all’ottima tessitura musicale cucita dai musicisti della band. L’unica certezza è l’incertezza di un viaggio, dove il legame tra la tradizione blues e l’inevitabile solitudine è ben evidente nei brani che si susseguono. Il fantasma di Jeffrey Lee Pierce aleggia nel climax che si respira all’interno delle dieci tracce. Ring Song e la conclusiva Gospel Train rimandano ai Gun Club; Wine Song è un surf dai riverberi agonizzati; le criptiche Berlin Blues e The Night Before hanno un incipit carico di dolore dove si inseriscono alla perfezione ora Cave ora Tom Waits verso quel processo di autoidentificazione in cui ci si ritrova sempre più soli. Le malinconiche Everything That Rises e We’re Strangers ricordano i Doors di Strange Days-circa; Sailor Song potrebbe essere un viaggio sulle coste del Mare Del Nord; l’equilibrata Neon Lights una sdrammatizzazione del rock stesso.

The Three Blind Mice sono qui per restare … una voce che si eleva dall’asfittico panorama musicale indipendente italiano … The Chosen One è un album più che riuscito, dove non ci sono risposte e non esiste un punto d’arrivo … solo il loro feeling che rompe questo muro di solitudine.

Luca Sponzilli