BUZZCOCKS
"Spiral Scratch"
(New Hormones, 1977)

BuzzcocksHoward Devoto (Vocals), Pet Shelley (Guitar), Steve Diggle (Bass) e John Maher (Drums) formarono i Buzzcocks nel cruciale 1976 in quel di Manchester, una città dalla forte identità industriale che di lì a poco sfornerà una serie considerevole di band. Esordirono il 20 luglio dello stesso anno al Theatre Upstairs di spalla ai Sex Pistols, la stessa band che col famigerato concerto del 4 giugno 1976, li aveva spinti a buttare giù qualche accordo.

L’EP in questione è stata l’unica testimonianza della band con Devoto ai microfoni, qualche settimana dopo le incisioni, infatti, questi abbanderà i compagni per poi tornare alla ribalta con i grandi Magazine. Ma questa è un’altra storia. Spiral Scratch è un classico esempio di punk-rock all’inglese ma nascondendo tra i suoi solchi anche una sensibilità pop che farà la fortuna dei nostri nell’immediato futuro. Testi adolescenziali, chitarre rabbiose e canto sguaiato i suoi tratti salienti ma anche lampi di una melodia tipicamente british. L’EP vanta un primato considerevole: pare si tratti infatti della prima produzione indipendente dell’epopea punk, un primato non da poco visto il peso rivoluzionario che ha avuto l’autoproduzione sull’evolversi del genere e di tutto il rock a venire.

I brani in scaletta sono 4, si parte con Breakdown, una classica espressione di disagio giovanile, che sfoga l’esaurimento a suon di riff-grattugia e un cantato frenetico e demenziale. Time’s Up da un chiaro assaggio dei futuri sviluppi della band con le sue linee vocali melodiche di chiara matrice sixties anglosassone. Con la b-side che il tutto diventa più accattivante, il tema delle liriche si sposta sulla noia (Boredom) non alterando affatto il filo conduttore dei brani: l’insoddisfazione. L’incedere ruvido della sei corde si abbandona a tratti a parentesi pop di accattivante orecchiabilità pur se accompagnato da un cantato punk decisamente impertinente. L’ultimo pezzo, Friends Of Mine, è a mio avviso il brano più punk del lotto. Un tipico assalto sonoro a ritmi serrati, batteria incalzante e voce rabbiosa sparata a velocità supersonica. Si chiude così questa ingenua testimonianza sonora settantasettina. La denuncia e la rabbia espresse in questi quattro brani non le ritroveremo più in futuro, anche se di certo il loro nuovo corso sfornerà musica pregevolissima. Fondamentale!

Salvatore Lobosco