MR BISON
"Asteroid"
(Subsound, 2016)

mr-bisonDopo l’esordio siglato da We Don’t Like Love Songs, EP datato 2011 e il successivo full lenght We’ll Be Brief (sempre sotto l’egida della Subsound Records), il trio di Cecina (provincia di Livorno), il cui nome è curiosamente tratto da un personaggio (M. Bison) “nato” all’alba degli anni ’90 nel celebre videogame Street Fighter II: The World Warrior, sale sul proscenio con la sua terza tappa discografica. Asteroid segna, dopo varie vicissitudini, una quasi radicale metamorfosi nella line-up della band rispetto al passato, accanto al leader e fondatore Matteo Barsacchi (voce e chitarra), si fanno brillantemente spazio le “nuove leve” Matteo Sciocchetto (chitarra e voce) ed il batterista Matteo D’Ignazi. Dieci tracce si dispiegano nell’arco di quasi 35 minuti; può sorprendere l’opzione, già intrapresa nel disco precedente, di rinunciare al bassista, ma è scelta meditata, coerente e vincente, data la perentoria potenza ed autorevolezza sonora che sprigiona l’ascolto dell’album.

L’avvio energico e debordante è dato con personalità dalle raffiche stoner rock che libera Black Crow, pattern emozionale ancora alto e rovente nella successiva track di matrice settantiana, Wisker Jack, sorprendente quanto ispirata Full Moon, tre minuti nei quali, le trascinanti sonorità hard blues, “incastonate” con il sax del guest Sergio Pomante, porgono un cocktail vincente. Ma riecco i nostri ancora “stonerizzati” con varietà e gusto pregno di seventies in Hangover ma Burn The Road ha un impatto piacevole perlopiù classicamente rock, approccio che risuona ma in modo più oscuro, massiccio e ridondante nella spedita e fascinosa Russian Roulette, con Resist che immersa in un uno start space psych ci dà in pasto circa 5 minuti caldi, intensi e suggestivi sospesi tra stoner e sonorità hard psichedeliche. Spazio quindi al rock maleducato di Cannibal, pezzo che “sfora” ai confini del grunge; ultime due tracce, diversamente contaminate da ritmiche funky sono Prison pulsante tracciato hard rock racchiuso nello spazio di due minuti e mezzo ed Hell, avvincente epilogo che profuma bramosamente di anni ’70.

Un album di spessore che sicuramente stuzzicherà il palato dei fan di band come Grand Funk Railroad, Fu Manchu, Queens Of The Stone Age e Kyuss.

Luciano De Crescenzo