BIG NATURALS & ANTHROPROPHH
"S/T"
(Cardinal Fuzz / Captcha, 2017)

Big Naturals & Anthroprophh è un album pubblicato nel 2016 dalla Cardinal Fuzz e Captcha Records. I Big Naturals sono un duo composto da Jesse Webb alla batteria e Gareth Turner al basso ed elettronica, Anthroprophh è Paul Allen leader dei The Heads, nonché chitarrista e voce, che attraverso due album su Rocket Recordings ed un precedente EP su Cardinal Fuzz, ha dimostrato di spingere i confini della musica psichica ai suoi limiti più avanguardisti e sperimentali. Le band recuperano molto dal passato, a partire dai suoni, vi è una certa sensibilità psichedelica ma assolutamente mutante dalla tradizione seventies, chitarre hendrixiane e space rock in chiave Hawkwind, krautrock folgorante in stile Amon Düül e Can su tutti, trasformati con rigetto da un eccentrico e desertico sound sporco, dilatato nella forma e contratto nell’esecuzione. La matrice anni ’90 invece è tipica dei Kyuss e degli Heads ma anche del primo grunge dei Soundgarden e degli Alice In Chains.

Il contributo dei Big Naturals a questo album è solo sull’opener God-Shaped Hole, ma è qualcosa di epico. God-Haped Hole è una estesa ed implacabile traccia che presenta continui riff pesanti e fuzz, accompagnata da un riverbero di elettronica allucinante. Il ritmo e l’intensità scorrono costantemente in un inaccessibile e non facile sound, un lungo viaggio psichico a ritroso nel tempo. Si ha la percezione di ascoltare una distaccata e trasformata You Shouldn’t Do That degli Hawkwind ma ricomposta su corde decisamente più dure. Le successive tre tracce composte da Anthroprophh provengono dalla stessa matrice sperimentale anche se un ascolto le rende più accessibili perché ricordano su più livelli i Kyuss e i The Heads, ma l’inganno è servito all’ascoltatore, il sound generato con lo scorrere dei minuti genera una miscela sonica di contaminazioni space e kraut. Farce Without End è una traccia strumentale di circa dieci minuti, molto pesante e demoralizzante che suona come una seduta ipnotica indotta da LSD. L’inizio è un’esplosione di pulsazioni stoner, un preludio apocalittico, le vibrazioni allucinogene scorrono velocemente deformando la percezione di estendibilità del brano che si conclude con un assordante distorsione sonora. Narwhallian Social Purge è la traccia più essenziale, meno corposa, quasi spigolosa, un ruggito sequenziale di Paul Allen che trasmette l’archetipo primitivo stoner. L’album si chiude con un viaggio verso il centro della mente che sfida ogni raziocinio. Le influenze Kraut in Chubbuck’s Last Tape (Another Nail) sono manifeste, le distensioni vertiginose, il suono oscilla continuamente lungo una linea sottile senza fine.

L’album non è una semplice manovra revivalistica ma ha una risultante ben definita, un’intersezione stratosferica tra gli anni ’70 e ’90, un’amplificazione energica ed alternativa, una rappresentazione di spazi musicali duri e sconfinati. Etichettarlo non è facile, perché le continue sovrapposizioni e trasformazioni mettono in gioco un pittoresco melting pot musicale, ma l’efficacia delle due band rende quest’opera succulenta e accattivante.

Daniele Carcavallo