THE SOUND
Un viaggio buio nel cuore del suono

Sound 1Il post-punk è stato uno dei movimenti più interessanti e variegati dell’intero panorama musicale a ridosso degli anni 1978-79, soprattuto in Inghilterra. Un biennio come pochi, sicuramente, che vide fiorire nomi che hanno dato vita ad un genere ben preciso, rivoluzionario e controverso. Sono gli anni di band che hanno scolpito con le loro chitarre monocordi e le batterie ossessive centinaia di album: UK Decay, Killing Joke, Public Image Ltd, The Pop Group, Altered Image, Section 25, Modern English, Theatre Of Hate, solo per citarne alcuni. Il termine post-punk iniziò ad essere utilizzato attorno al 1980. Il primo critico a coniare questo nome fu Greil Marcus su di un numero del Rolling Stone, in cui parlava di “avanguardia post-punk inglese”, riferendosi a band come Gang Of Four, The Raincoats e Essenzial Logic.

Purtroppo non sempre, quando si parla di questo periodo, prologo di un successivo e meraviglioso decennio, trova quella meritata collocazione e quel giusto respiro un’altra band d’Oltremanica: i Sound, del cantante, chitarrista e compositore Adrian Kelvin Borland (1957-1999). Soffermarsi su questo quartetto londinese, sulla loro produzione e, purtroppo, sulla sfortuna che lo ha spesso accompagnato, non è cosa semplice. Borland, proveniente da una breve ma intensa esperienza punk con la sua band The Outsiders, con cui realizza due album e un EP formidabili, ma, non contento, dopo poco più di un anno, ansioso di guardare avanti, riunisce dei nuovi componenti e, nel dicembre del ’79, propone i primi pezzi in un EP, Psysical World E.P., che riscuote buone critiche. Nascono, quindi, i Sound, nuova creatura dal piglio nuovo e più ricercato, che pubblica, per l’etichetta Korova, tre album in tre anni.

Sound 2Con i due primi album di studio, l’irruente e introspettivo Jeopardy del 1980, e il più brillante e drammatico From The Lions Mouth del 1981, la band pubblica due capolavori e Borland porta così i suoi Sound tra le grandi novità del “nuovo” genere. La musica dei Sound è un viaggio emotivo intimo come pochi, è un’esperienza personale che regala mistero, romanticismo ma anche dramma e tensione, le prime canzoni della band si fanno notare per composizione ed originalità. Ma nonostante le critiche a cinque stelle, gli apprezzamenti degli altri artisti e le soddisfazioni personali, la band non ha il grande take-off commerciale e questo non basta alla casa discografica, che, dopo pressioni, spinge subito Borland a pubblicare, nel 1982, il terzo album di studio, All Fall Down, ancora più impegnativo e più strutturato (forse l’album più “oscuro” del gruppo), ricco di vere perle di decadente romanticismo. Niente da fare, il decollo non arriva, la critica lo stronca (l’album sembra avere un suono poco orecchiabile per i gusti più “ampi”), la casa discografica non rinnova il contratto alla band e Adrian, già abbastanza instabile di suo, finisce per cadere in una profonda perturbazione mentale. La band, tra alti e bassi, concerti anche fuori dall’Inghilterra (in Europa e negli U.S.A.) e registrazioni live, resiste quasi un decennio in tutto, sciogliendosi nella primavera del 1988, molto prima della morte del suo leader che, dal 1989, inizia un’interessante carriera da solista. Nonostante tutto le vicissitudini che hanno accompagnato la band nella sua breve vita, i Sound non sono intenzionalmente disfattisti nei testi, né mai asserviti alla sola oscurità nella musica, al contrario. Non è difficile ascoltare diretti quanto taglienti assoli di chitarra o percepire quell’appassionata e improvvisa melodia di alcuni brani (palesemente discordanti con il tenebroso lirismo dei testi, ma sicuro punto di forza di tutta la produzione) o, ancora, l’adrenalina del synth di Benita “B” Marshall che, nelle esibizioni dal vivo, alternava l’utilizzo di ance a fiato come il sax e il clarinetto, magistralmente integrandole e, talvolta, sostituendole alla sua stessa tastiera. Su di tutto impera la voce profonda e nostalgica di Borland che regala emozioni in ogni singola canzone. Ascoltare i migliori brani della band, dà l’idea di camminare a mezz’aria su una corda tesa e sapere di poter atterrare, di volta in volta, nel vuoto o su un tappeto di fiori. Questo, l’attualità del suono, i versi (im)perfetti, gli accordi da brividi che affiorano da ogni traccia, fanno sì che i Sound siano da considerarsi tra le migliori band post-punk (e non solo). Per fortuna, chi ama un certo genere di musica lo ha capito, anzi, lo sa da sempre. E questa è la vera vittoria di Adrian Borland, nonostante la band avrebbe dovuto meritare un destino migliore. Sembrerà un caso, ma il primo brano dell’album Jeopardy, pacato e velenoso, fu davvero preveggente: I Can’t Escape Myself. E Borland, forse proprio per “fuggire da sé stesso”, preferì la morte. Il mio invito resta uno: ascoltare e amare, senza condizionamenti, almeno i primi tre album di studio di questa grandiosa band è quasi un dovere. Buon viaggio nell’ascuro cuore del Suono.

Gaetano Cuomo