MORGEN WURDE 
“Für Immer” 
(Off, 2020)

Dopo essere comparso sulle compilation Pop Ambient 2019 e 2020 della Kompakt Records, Morgen Wurde, al secolo J. Wolfgang Röttger, originario di Kiel, con un entourage internazionale di comprimari di altissimo livello, sembra voler mettere in musica l’incommensurabile meraviglia dell’essere, in linea con l’eredità letteraria, filosofica, nonché musicale, che hanno contraddistinto l’identità culturale del suo paese negli ultimi due secoli. Con Für Immer (“Per sempre”) l’artista apre ad un misticismo sonoro che fra ambient e drone pare dissolvere ogni riferimento spazio-temporale, ogni concepibile quesito dell’uomo su vita e morte, modellando un sound che renda priva di significato qualsiasi domanda di fronte all’estasi del “dasein”.

Für Immer è il terzo album in una serie di lavori dell’autore basati sulla rielaborazione di sound elettroacustici, in coda a Brach Auf (2016) e Assassinous Act (2017) pubblicati dall’etichetta Time Release Sound di Alameda (California). Discostatosi parzialmente dai due album Letzten Endes (2015) e Als Je Zuvor (2018), usciti per la Off Records di Bruxelles e composti in forma classica al piano “rivestito” poi di stratificazioni elettroniche, con la trilogia culminata in Für Immer l’autore dà vita a veri e propri trip sonori, esperienze immersive ibride che fondono ambient, space, drone e doom music con elementi neoclassici e noir jazz, in linea con la ricerca di altri pionieri del “trascendental sound” come Abud Mogard, BVDUB, Fennesz, Gas, Rafael Anton Irissarri o Tim Hecker. Su landscape sonore fra impressionismo e astrattismo si stagliano improvvisazioni soliste che danno alle composizioni un’aura epica: Doug Perry al vibrafono e Tetsuroh Konishi alla tromba, i violini di David Strother e Georges-Emmanuel Schneider, e, non ultime, le trascendenti texture vocali di Maria Estrella.

Il primo dei 2 dischi contiene 9 composizioni originali di ampio respiro, in media dai 6 ai 10 minuti. A definire la natura impressionistica-astrattista di questo viaggio emozionale concorrono diversi elementi: atmosfere sognanti e sospese di synth strings contrappuntate da linee melodiche di tromba, impromptu di violino che si rincorrono e intersecano in un gioco di echi onirici; tinte sinistre, drammatiche e noir dove liquide dissonanze evaporano su lugubri rintocchi di piano. Così come i toni in minore di soffuse armonie sotterranee in sordina, melodie di archi calanti come lamenti cetacei, synth beat a creare texture quasi impercettibili sotto respiri subacquei, morbidi flauti e gocce di xilofono. Il risultato nel complesso è una landscape di profondità sonore e frasi stratificate che generano l’una dall’altra mescolandosi in un placido tutt’uno, fra ovattate sospensioni al rallenty e quella gravitas epica tipica della drone music.

Il secondo disco muove progressivamente verso la techno / IDM attraverso modulazioni e variazioni sul tema, con 11 remix da artisti di tutto il mondo: Altone (Giappone) apre con un fluttuante remix che incamera suoni da varie tracce dell’album; Roman Ridder (Germania) accende la scintilla della dance col suo deep dub techno; Liuos (Finlandia) muove irresistibilmente verso la trance, mentre Cie (Germania) esplode con un vero e proprio rave; Lostlojic (Ucraina) tiene alto il voltaggio energetico con un serrato mix techno, mentre Dmitriy Zakat (Russia) propone un avvolgente intermezzo IDM, seguito da un’estesa avventura post-dubstep a cura di Sébastien Job (Francia); Martin Schulte (Russia) reinterpreta un brano in versione minimal-tech, mentre Johnnyx Guitar (Germania) e Dukem (Inghilterra) virano verso tinte fosche con due malinconici trip hop; in chiusura i BMP tornano ad abbassarsi con una reinterpretazione beat del primo remix. Più che come una raccolta di versioni “alternative” alle tracce originali, questi remix sembrano inclusi nell’album come veri e propri brani originali dei rispettivi autori, che hanno solo preso in prestito suoni, elementi, mood e vibrazioni dalle tracce di Für Immer.

Per riassumere, il concept del disco sembra essere l’intento dell’autore di trasformare lo spazio sonoro in esperienza di elevazione, complici strumentisti dal virtuosismo unico, e perfettamente allineati a quella forma di lirismo che è ormai marchio di fabbrica di Wurde, con le sue avvolgenti landscape di space music a metà fra il maestoso e il minaccioso, proprio come quelle ambigue e sublimi forze misteriose della natura che aspira ad evocare.

Livio Piantelli