EINSTÜRZENDE NEUBAUTEN
"Alles In Allem"
(Potomak, 2020)

Sono trascorsi quarant’anni dalla prima prova discografica del collettivo tedesco Einstürzende Neubauten. Alimentata dal rapporto con Berlino, anche in questa prova, che in origine prevedeva un titolo differente e un brano non più pubblicato dal titolo Welcome To Berlin, la band tedesca trova nel rapporto con la città il senso e la direzione di questo nuovo lavoro, che non troverà tutti d’accordo.

La nostalgia, spesso snob e spocchiosa, dei bei tempi andati, delle motoseghe, dei martelli pneumatici e dei concerti avanguardisti in desolate e fascinose periferie, è sempre presente in ogni nuova produzione, in ogni performance dal vivo, alla ricerca di qualcosa che non c’è più. La distanza da quel tempo è coincisa con l’allargamento dei confini, con l’ibridarsi delle forme, con l’innesto della melodia, con la chiamata alla ricerca di un suono più calibrato, ma non per questo piatto e noioso. La ricerca dell’idea di una certa (parrebbe quasi blasfemia) classicità non deve ottundere le orecchie, facendo precipitare l’ascoltatore nel triste rito di passaggio del già sentito. Gli Einstürzende Neubauten hanno segnato in maniera netta e incontrovertibile il destino di un certo modo di approcciare il suono, la strumentazione e le arti performative e non saranno certamente le prove più o meno riuscite di questi ultimi anni a scalfirne l’immagine. L’importanza, però, non sta solo nel passato, ma si misura nell’attualità, ed ecco, ancora frastornati e storditi da quanto ci sta attorno, occuparci del nuovo disco della band tedesca.

Un disco, Alles In Allem, fatto di luoghi, di topos sonori, ideologici e musicali. La storia della band è una storia di luoghi: a partire dalla seminale tape dell’ottobre 1980 Stahlumisik (musica dell’acciaio), realizzata all’interno di un pilone d’acciaio di un ponte autostradale alla Grazer Damm del quartiere sud di Berlino di Alles in Allem. Blixa e compagni affondano i ricordi nei luoghi, elaborano vittorie e sconfitte, miscelano gioie e dolori, usano e abusano di rumori, ferraglie e distorsori. La Berlino occupata e occupante che si frantuma e si sfalda è sempre stata la quinta perfetta delle tempeste industriali, ma anche oggi che i suoni non producono più quelle vertigini, non dobbiamo immaginarcela serena e pacifica.

Nel disco scorrono le immagini di una memoria ferita, di una frustrazione sorda e silenziosa, di un futuro incerto e sabbioso che non prevede l’urlo industrial di Yü-Gung, ma l’elegante pop ritmico di Ten Grand Goldie (Blixa nel video con mascherina e occhi truccati). Già li sento i detrattori, “si tratta di mestiere, sono cliché usati e abusati, sono le code tiepide e ben educate di chi rincorre con il fiato corto il fantasma di Kollaps o di Halber Mensch, insuperabili e definitivi”. In realtà il disco regge, non è un capolavoro, ma contiene alcuni brani di qualità. La traccia Am Landwehrkanal, con le percussioni innestate da certo industrial che ricorda i Test Dept di Terra Firma, fa il paio con la bella Möbliertes Lied, sempre sul punto di esplodere. Decisamente ben riuscita è Zivilisatorisches Missgeschick, che esordisce con un suono di melodia metallica alla Stockhausen e trova conferma in Taschen, dove accanto alle percussioni le campane innestano la melodia come il maestro tedesco aveva fatto in Tierkreis, lavoro del 1974. Molto bello, in questo senso, anche il crescendo orchestrale che ricorda il lavoro di arrangiamento orchestrale degli ultimi lavori di Nick Cave, grazie in particolare al contributo di Warren Ellis. Riuscita anche la title-track, con un inizio in pianissimo molto ben congegnato che si apre a una melodia appena accennata. Anche il congedo, cerimonioso ed elegante, dal sapore post impressionista e vagamente prog di Tempelhof, è interessante, con Blixa che si appoggia al microfono sussurrando “dove la notte è più piatta”.

Alles In Allem mantiene e restituisce un ensemble di professionisti, non per forza mestieranti, ma artisti ancora in cammino in tempi incerti come i nostri. È bello sapere di averli ancora accanto.

Davide Gonzaga