KING HANNAH
"I'm Not Sorry, I Was Just Being Me"
(City Slang, 2021)

C’è molto hype fra gli addetti ai lavori attorno ad I’m Not Sorry, I Was Just Being Me album di debutto dei King Hannah. In periodi di magra discografica le aspettative crescono ma a volte questo non basta a soddisfarle. Il disco oscilla tra diversi paesaggi sonori senza sapere che direzione prendere. Non bastano la vocalità eterea di Hannah Merrick e le armonie di Craig Whittle a sostenere i brani che compongono l’album. Certo, c’è da essere lieti per il ritorno alle sonorità grezze di fine anni ’90 ma il lavoro nel suo insieme non convince proprio a causa del suo andamento ondivago. Le influenze e il background di ascolti ai quali i nostri fanno riferimento sono Mazzy Star, Opal, Tricky, Portishead, ma tirarli in ballo non aiuta se i suoni che riproduci non risultano sapientemente miscelati e ricondotti ad un risultato ben calibrato. Questo l’errore del duo di Liverpool, alternare i loop trip-hop, al folk, all’indie rock non porta al risultato sperato. Unica nota positiva sono i testi ironici, taglienti a volte cattivi.

Il disco si apre con A Well Made Woman brano dal riff di chitarra acustica inutilmente ripetitivo e sentito mille volte. In All Being Fine si passa senza soluzione di continuità all’indie pop a la Anna Calvi. La successiva Big Big Baby sembra una cover di PJ Harvey, poi è la volta di Foolius Caesar il suddetto tentativo trip-hop.

Insomma un album disordinato che raggiunge la sufficienza ma nel quale manca l’onestà e la credibilità delle emozioni che vorrebbe suscitare.

Nino Colaianni