BETH GIBBONS
“Lives Outgrown”
(Domino Recording Company, 2024)

Beth Gibbons non è un’artista che si espone troppo. Nella sua più che trentennale carriera ha pubblicato pochissimi dischi, 3 con i Portishead (4 se comprendiamo il Roseland NYC Live), uno con l’ex bassista dei Talk Talk, Rustin Man (il bellissimo Out Of Season del 2002) e una collaborazione con l’orchestra sinfonica della radio nazionale polacca per la Sinfonia n. 3 di Górecki, registrata nel 2014, ma pubblicata nel 2019. Lives Outgrown è il suo vero e proprio debutto da solista, un disco che già fu annunciato in preparazione nel 2013 e che ha avuto una lunghissima gestazione. Anche qui troviamo una collaborazione con un ex Talk Talk, stavolta il batterista Lee Harris (anche coautore di 4 brani) e la presenza di James Ford (già al lavoro con Arctic Monkeys e Depeche Mode tra gli altri) come co-produttore e arrangiatore degli archi insieme alla Gibbons.

Un album in cui gli argomenti trattati sono, come dichiarato dall’autrice, «la maternità, l’ansia, la menopausa e la mortalità» e la cui scrittura è stata influenzata dalla perdita di familiari e amici nel corso degli anni. Tutto questo si traduce musicalmente in un oscuro pop da camera con innesti folk, con grandi arrangiamenti orchestrali che aiutano a stemperare la tensione creatasi. Sono banditi suoni elettronici, la struttura delle canzoni si regge principalmente sulle chitarre acustiche, gli archi e le percussioni, con arrangiamenti complessi e vari nel corso dell’album.

Il disco si apre con il folk della misteriosa Tell Me Who Are You Today, con introduzione di chitarra acustica, a cui si aggiungono percussioni e archi che accompagnano la voce. Si prosegue poi con le atmosfere solari di Floating On A Moment, primo singolo del disco, con arrangiamenti complessi e tanti strumenti, tra cui vibrafono, dulcimer, flauto, organo e quello che pare un coro di ragazzini che canta incessantemente: “… all going to nowhere”. É poi la volta della percussiva Burden Of Life (scritta con Lee Harris) e poi Lost Changes, una classica ballad con chitarra acustica e un bellissimo arrangiamento di archi, mentre nel folk esoterico di Rewind dominano le percussioni, il feedback e degli archi dissonanti. Reaching Out è uno dei numeri più pop dell’album, sembra di sentire dei Portishead virati acustici, con un bell’arrangiamento di fiati e la voce di Beth che raggiunge alte vette.

Oceans è un’altra folk ballad, con un ritornello che a me ricorda molto il tema del Trono di Spade (ehm…), For Sale invece, dalle atmosfere orientaleggianti, si regge completamente ancora su archi e percussioni, Beth nel ritornello canta: “If we don’t stop now, will we go too far?”. L’album si chiude con due delle sue migliori canzoni, la misterica Beyond The Sun, con delle belle percussioni, dei fiati free e ancora il coro di ragazzini che allenta la tensione, e la bucolica, pacificata Whispering Love, col flauto a menare le danze e canti di uccelli e galline in sottofondo. Lives Outgrown è un disco semplice e complesso allo stesso tempo, un album che cresce ascolto dopo ascolto: Beth Gibbons ci ha impiegato 10 anni per farlo, ma è valsa la pena aspettare.

Mario Clerici

 

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