DELIRED CAMELEON FAMILY
"Visa De Censure N° X"
(EMI, 1975)

Francia fine anni ’60: un anarchico musicista freak, Daevid Allen, al termine di un tour di grande successo con la sua band, i Soft Machine, non può rientrare in Inghilterra, a causa di irregolarità nei documenti. Solo, costretto ad un soggiorno forzato, partecipa a quel romantico maggio francese del ’68, manifesto di rivoluzione culturale, pulsioni ludico-liberatrici e psicodrammi sociali. Si unisce anche ad alcuni musicisti locali e forma i Gong, incidendo nel 1971 il seminale long playing Camembert Electrique, titolo che di fatto richiama il celebre formaggio francese. Il gruppo finirà per influenzare fortemente la scena locale dando maggiore luce ad un’area musicale di rock sperimentale e progressive jazz (Clearlight, Ame Son, Lard Free, Heldon, Ilitch, Théâtre du Chêne Noir, Red Noise, Fille Qui Mouse …) che possiamo ironicamente denominare camembert-rock. Moltissime le gemme prodotte da questa sovversiva scena musicale, tra cui Visa De Censura N° X, colonna sonora creata nel 1975 per l’omonimo film di Pierre Clementi, iniziato nel 1967, una pulsante pellicola psichedelica, maelstrom lisergico, stimolante retinico di visioni psicotrope più e meglio di film coevi, con uno stile mistico-esoterico alla Kenneth Anger. La colonna sonora fu realizzata dai Clearlight sotto lo pseudonimo di Delired Cameleon Family. Al comando di questi sperimentatori psych jazz-rock, il pianista Cyrille Verdeaux con una pletora di collaboratori illustri tra i quali Yvan Coaquette (Musica Elettronica Viva, Spacecraft), Gilbert Artman (Lard Free, Urban Sax), Christian Boulé, Timb Blake (Gong) e Ariel Kalma (Heldon). L’ensemble, sorretto da una dieta a base di erbe al tetraidrocannabinolo e zollette di zucchero imbevute di dietilamide-25, si rinchiuse per quattro giorni nei Pathé Marconi Studios ad improvvisare, accettando anche collaborazioni estemporanee di gente di strada. Frutto del sabba creativo: lunghe registrazioni di space rock, impennate di dura fusion, raga indiani, momenti di riflessione al piano e desolanti voci femminili. Dopo un accurato lavoro di montaggio sonoro, tagliando e riorganizzando tutti quei suoni, trasformandoli in brani di maggiore e più efficace assorbimento, ne fu ricavato un album edito dalla Pathé Marconi EMI, ristampato in vinile dalla spagnola Wah-Wah Records nel 2010. Il disco “funziona” benissimo anche senza l’ausilio delle immagini, quelle si creeranno in modo sinestetico nella vostra testa. Qualche esempio: Raganesh, brano che apre l’album, con il suo ritmo estatico di tabla e sitar ronzante, infiammato da chitarre liquide e vortici siderali di synth. Come nuotare sballati di notte nel sacro fiume Gange guardando le stelle. L’eterea malinconia di Weird Cerimony, brano per pianoforte con inquietanti voci umane avvolte da gelidi venti elettronici. Una solitaria alba di fantasmi che volteggiano nell’aria. Infine una corsa a perdifiato, spinti da piano e batteria tra bolle di synth con chitarre e sax che sfrecciano da tutti i lati nella canterburiana Le Boeuf. Vive la Trance!

Danilo D’Alessio