THE FUZZTONES
"NYC"
(Cleopatra, 2020)

“Ladies and gentlemen, let’s here for The Fuzztones” strillava nel lontano 1984 l’intro di presentazione del debut-album Leave Your Mind At Home dei newyorkesi Fuzztones, in realtà un Mini-LP dal vivo. Dopo quasi quarant’anni Mr. Rudi Protrudi continua nelle sue produzioni legate al garage sound più genuino omaggiando la grande mela con un album di sole cover zeppo di riferimenti punk e di iconografie ’70s. La band non è nuova a questo tipo di reinterpretazioni pubblicando addirittura nel 1993 una compilation Songs We Taught The Fuzztones, contenente le versioni originali coverizzate fino ad allora; i brani come sempre sono portati all’eccesso del genere tanto che il sex appeal del rock’n’roll resta intatto nella sua essenza primordiale. Ma procediamo con ordine.

Primo pugno in faccia, New York City esce per la losangelina Cleopatra Records, etichetta specializzata in pubblicazioni death-rock o giù di lì, ultimamente in gran spolvero. Inizialmente la scelta mi aveva sorpreso ma poi, ascoltando e riascoltando l’album, la cosa non mi ha meravigliato, visto che questi indiscussi signori del “Cult of Fuzz” hanno, nella loro lunga carriera, influenzato non poco parte di una scena ligia al gusto del goth. Quindici canzoni in circa quarantacinque minuti, apre New York, New York e, tra le sirene delle strade della metropoli dei cinque distretti, i Fuzztones interpretano Frank Sinatra come se volessero resuscitare Night Time degli Strangeloves, sconosciuto terzetto sixties inserito nel primo volume della serie Nuggets, raccolta di singoli prodotta guarda caso da un newyorkese, il chitarrista Lenny Kaye.

Secondo pugno in faccia o meglio serie di colpi da knock-out: le cover si allontanano tutte dalle versioni originali e quando in New Kind Of Rock dei Cramps o in High Tension Wire dei Dead Boys riecheggiano rispettivamente Bad New Travel Fast e Strychnine, si ha la conferma che il tempo per Rudy è come una sorta di punto fermo. You Gotta Lose di Richard Hell è una versione più veloce di I Can Only Give You Everything degli Haunted, altra misconosciuta formazione dei ’60s riemersa dalle paludi grazie ai volumi delle Pebbles il cui brano è stato reso celebre a distanza di un solo anno dai ben più conosciuti Them. Prima che NYC si chiuda con Dancing Barefoot della poetessa Patti Smith si inframezzano Wayne County, Ramones e Mad Violets.

So di essere di parte e che parlare di un album di cover in termini di capolavoro può sembrare arrogante e pretenderne l’acquisto, ma i Fuzztones sono una delle poche band storiche ancora in circolazione capaci di trasmettere su disco tutta l’energia e la ferocia selvaggia che hanno dal vivo. Sono sicuro che vi ritrovereste, come il sottoscritto, a far girare in continuazione il disco sul piatto.

“Hey Maaaaaaaan! Dig Again This Crazy Showwwwwwww!!!”

Luca Sponzilli