STATE OF ART
"At Work"
(Killed By Disco, 2012)

State Of ArtDato alle stampe nell’ottobre del 2012 (nella versione in CD già un anno prima dalla Retroactive Records con ben 8 bonus tracks remixate), At Work è il titolo di un interessante vinile a nome State Of Art, “storica” band milanese nata negli anni d’oro della New Wave italica all’ombra della madonnina. Prodotto dal sempre attento Fred Ventura, vocalist della band e figura di spicco internazionale di una certa dance “evoluta”, insieme al bassista Stefano Tirone, il disco è un piccolo affresco che unisce con maestria e professionalità, i generi che, da sempre, hanno influenzato la band; dall’elettronica al soul, dalla dance italo al funk, dal post-punk al synth -pop, tutti amalgamati con uno stile soul vivace ed accattivante. Stampato in sole 300 copie, il lavoro si compone di 6 tracce ben strutturate, dall’iniziale Make At Work, ritmata e soul, alla finale Sleeping Togheter, sincopata in Talking Heads style, passando per composizioni dove, oltre alla voce inconfondibile di Fred Ventura (come non ricordarlo nel cult-single Body Heat nei Fockewulf 190, anno di grazia 1984) si avvale delle taglienti e controverse chitarre di Livio Fogli e Stefano Mazzolla e, in maniera superlativa, delle fluide e romantiche tastiere di Andrea Poggi, quest’ultimo capace, con naturalezza e creatività, di rendere la resa sonora dei brani, diretta e coinvolgente. Brani che spaziano nel primissimo repertorio della band, composizioni datate ma che mantengono una “verve” sempre odierna, e che, in particolar modo, danno voce da una parte (già recensita sulle nostre pagine in Milano New Wave 1980-83) all’underground sonoro di una Milano che credeva con fermezza nei propri mezzi e nell’amore per certe sonorità, alla più “pura” New Wave di matrice elettronica (Human Leguae e Ultravox) ma anche alle mille diramazioni che prese in tutto il mondo, dai funk-oriented Section 25 di casa Factory alla No Wave newyorkese dei Contortions di casa Ze. Gli State Of Art ci credevano e ci credono ancora, il vinile gira sul piatto come un riscoperta improvvisa, piacevole ed intrigante, trascinadoci pian piano nel “mood” della band con naturale trasporto psicoepidermico, scorrono con grazia Downtown, notturna e dance, Dantzig Station, super ritmata e quasi Pop Group-oriented, Show Me, fresca e incisiva e la già conosciuta Venice, oscura, introversa … un tocco leggero ai nostri cuori romantici.

Nel grande marasma che è stata la musica in Italia, a partire dagli anni ’80 ad oggi, gli State Of Art mettono, con questo lavoro, un punto fermo su ciò che hanno fatto. Con un’energia mai persa si torna “al lavoro”, aspettando nuovi fermenti, nuovi ritmi e nuovi suoni, di ciò che è stato e di ciò … che sarà. I miei elogi.

Marco Pantaleone