MAX FUSCHETTO
"Sun Na"
(Hanagoori Music, 2015)
Ci sono dischi che, inspiegabilmente e inconsciamente, mi ricongiungono col mondo, allontanandomi dalla solitudine che la globalità virtuale del medesimo spesso comporta. Sun Na di Max Fuschetto è sicuramente catalogabile tra questi. Sassofonista, oboista e compositore, come si legge nelle sue note biografiche, Fuschetto possiede cultura e padronanza di linguaggi musicali sorprendenti che gli consentono per questo suo nuovo “sogno” in note di regalarci una musica senza tempo, perduta (e ritrovata). Il titolo dell’album proviene da un antico dialetto greco, ancora in uso in alcune regioni dell’Africa e tradotto corrisponde a “sognare”, ma si potrebbe aggiungere “viaggiare nell’inconscio”. E nel viaggio che compie, accompagnato da una vastità di validi musicisti e voci, tra cui, solo per citarne alcuni, Antonella Pelilli, Andrea Chimenti, Pasquale Capobianco, Giuseppe Branca e Giulio Costanzo, che alternano e accostano sapientemente strumenti acustici all’elettronica moderna, il nostro da forma e sostanza ad una tavolozza di suoni e colori dal mondo che ha davvero del genio. Dall’ambient quasi tout court del piano di Secret Shadows, che ricorda Nyman, a Qem Ma Tija con la chitarra ipnotica di Capobianco ad accompagnare la splendida voce della Pelilli, che domina anche in Si Trendafile, una nenia leggiadra come vento su un deserto lontano e pregno di misteri. Ma non si può rinunciare nemmeno all’incedere maestoso e lieve di una Return To A o alla bossanova contaminata da tutto ciò di cui si possa immaginare di Palsagem Do Rio, fiati, elettronica e percussioni sembrano non essersi mai confrontati in modo più onirico. Vibrazioni Liquide sfoggia abiti etnici di rara bellezza che lasciano spazio all’ethno world da camera e psichedelico di Samaher con tanto di violini d’avanguardia e alla grazia poetica di Les Roses D’Arben, cantata in francese da Antonella Pelilli in duo con Andrea Chimenti. Fuschetto è musicista classico abbastanza colto da sapersi misurare col folklore di suoni e ritmi provenienti da tutte le latitudini, con un uso saggio e mai invasivo dell’elettronica l’autore campano crea un tramite tra arcaico e contemporaneo, con una cifra stilistica davvero sorprendente ed unica. Una lode speciale va alla voce della Pelilli che canta in varie lingue, dall’inglese al francese, addirittura all’arbereshe (antica lingua albanese) con una padronanza ed eleganza che spesso sconfinano nella grazia struggente. In tempi di guerre e diaspore Fuschetto con le sue armonie dal mondo immerse nel sogno sembra volerci rassicurare, infonderci fiducia, nella speranza di un futuro più equo tra nord e sud di questo tormentato pianeta.
Giuliano Manzo