PLAID
“Polymer”
(Warp, 2019)

Tra i pionieri dell’elettronica IDM di casa Warp (insieme ad Aphex Twin, Autechre e Boards of Canada), i Plaid si sono da sempre contraddistinti per una loro cifra stilistica ben precisa. Dance-oriented ed armonicamente astratti, il duo inglese, formato da Ed Handley e Andy Turner, hanno pubblicato album sempre interessanti, ma negli ultimi anni un po’ autoreferenziali, come se l’esperienza dei pionieri adult-techno anni ’90 fosse in qualche modo giunta al termine.

E invece non è così, la prova è questo ultimo lavoro in studio dal titolo Polymer, il decimo della loro discografia, a tre anni di distanza dal precedente The Digging Remedy. Cosa c’entrano i polimeri? “I benefici e i problemi legati ai polimeri ci sono parsi buoni temi per questo album, la loro forza ripetitiva, la loro persistenza nel tempo, il dualismo naturale vs. sintetico, seta e silicone, gli effetti significativi che tutto ciò ha nelle nostre vite“, spiega il duo. Chiaro, no?  Meglio comunque calarsi nell’ascolto.

Meds Fade inizia con un beat secco ed incisivo, una danza di ombre fatta di synth sbilenchi e singhiozzi in loop. In Los partono percussioni tribali a tempi dispari che creano timbri digitali ed analogici che vanno ad incontrarsi e scontrarsi in un vortice dalle timbriche psichedeliche. Maru potrebbe essere un outtake dei Boards Of Canada, ma meno hip-hop e più cangiante nelle sonorità. Ops ha voci filtrate e suoni stratificati che sono alla base di una drum’n’bass per alieni. Drowned Sea, più sperimentale, è un viaggio percussivo in cui suoni ambient si ritrovano vicino a clangori percussivi di varia natura. The Pale Moth abbina un beat elettrico in levare ad un suon analogico di una chitarra vagamente flamenco: la fusione tra suoni analogici e texture elettroniche è potente e suggestiva. Dancers inizia con un ritmo oscillante per poi trasportarci lontano tra sogni in levare e battiti metronomici kraut-rock. Con Nurula si torna a ballare con synth assortiti e chitarre in loop. Recall inizia percussiva ed industrial, per poi evolversi in musica concreta. In All To Get Her synths acuti disegnano melodie siderali su un tappeto più dark. In Dust, corde accarezzate e percussioni metalliche si fondono in un suggestivo valzer lunare. Crown Shy unisce ad un beat epico elettronica glitch, tastiere vintage e un fisarmonica pulsante. Praze è il suono melodioso delle chitarre e dei cembali che cantono all’infinito trasportandoci altrove. Non poteva esserci conclusione migliore!

Con Polymer i Plaid segnano un nuovo capitolo della loro discografia con una creatività che guarda avanti, a tratti sfuggente, ma piena di sorprese ed emozioni.  Per chi ama l’elettronica da camera, ma anche compositori davvero grandi e ispirati, l’ascolto di Polymer è un’esperienza gratificante e sorprendente. Lunga vita ai Plaid.

Alessandro Gobbi