SCARY BLACK 
“Shadow Dwellers (B-Sides)” 
(Autoprodotto, 2019)

Scary Black, questo sconosciuto. Il primo approccio è con un immagine inquietante, una figura ammantata di nero, come nere sono le piume sulle spalle e il cappuccio su un volto difficile da intuire e che potrebbe essere il fantasma di un Natale passato, il triste mietitore o un Nazgul del signore degli anelli. Una presenza non rassicurante, niente corpi giovani e guizzanti, solo un manto nero, che attira e seduce, un ammiccare diretto ai fedeli dell’ambiente goth, musica che si ama o si odia. Il dardo è incoccato e vi punta. Shadow Dwellers (B-Sides); l’artwork della copertina è un paessaggio oscuro, forse una scalinata, macchie arancio seppia, tipiche delle luci al sodio. Potrebbe essere l’incipit di una storia di Halloween o magari un horror low budget degli anni ’80. L’album viene pubblicato il 5 marzo 2019, la data del mio compleanno, quando si dice “i casi della vita”. Scorrendo la biografia in fondo, due parole: Scary Black dal Kentucky Louisville, costa orientale; è made in USA, promette bene, arriva tanta buona musica da quelle parti. Ma quanti sono gli Scary Black? Questa è sicuramente la prima domanda che uno si pone, la pagina facebook di Scary Black mostra quell’oscuro figuro di cui abbiamo accennato all’inizio, dandoci un indizio, oltre un video di 30 secondi che mostra lo stesso Scary Black suonare una chitarra. Costume di scena, scelta ardita che molti hanno rimpianto, e pagato con perdite di liquidi abbondanti, ma come si dice “à la guerre comme à la guerre”. Per togliersi ogni dubbio c’è solo un metodo. “Domandare e lecito rispondere è cortesia”. Contatto la pagina e trovo un interlocutore inaspettatamente piacevole e disponibile, cosa rara di questi tempi. Le suggestioni su questo nero figuro spaventoso svaniscono e lasciano posto ad una conversazione dal tono amichevole, discorsivo e rilassato. Scopro che gli Scary Black sono una one man band. Saluto Albie Mason, classe 1985, che come ci riferisce (testuale) “scrivo e registro tutto nella mia camera da letto” … Albie Mason è un artigiano del suono, non è il frutto di qualche grande casa di produzione, un prodotto dal marketing studiato, tutt’altro. La sua avventura inizia nell’estate del 2018, quando veste i panni di Scary Black, e pubblica il suo primo singolo nel dicembre dello stesso anno. Precedentemente Albie Mason aveva un altro progetto, The Mess, che anagraficamente nasce nel 2014 e termina nel 2017, da lì si prende una pausa, per poi riprendere in mano le redini della situazione e riproporsi eventualmente nel 2018 più forte e superbo che prima, come avrebbe detto il Nerone di Petrolini. Proseguendo nella conversazione Albie Mason ci narra che ha avuto precedenti esperienze musicali in un altra band, The Kentucky Vampires, nel 2016, come vocalist.

Il quadro è completo, andiamo a dare un occhiata alle tracce, 9 in totale con lunghezze variabili dai tre ai sei minuti. Composizioni molto lineari nulla di troppo sperimentale o che stravolga l’insieme: intro, tema, ritornello, inciso. Ascoltiamolo questo disco, che sembra promettere bene, solleticando il nostro mood darkwave/80’s. Si parte con il primo pezzo dal titolo impegnativo, Eat The World, Kill Them All, Scalp Them With A Knife, una scarica di sei minuti discretamente intensi che centra da subito il tag 80 alternativo grazie ad atmosfere struggenti; sonorità rotonde ed atmosfere riverberate, una batteria come una raffica di mitra. Il video ufficiale è tratto dal film russo “Viy” del 1967, il tutto per un accoppiata alquanto originale. Se questo è l’inizio tutto lascia presagire per un’opera sicuramente godibile. E mentre parte Ice Rose riscontriamo atmosfere piu moderne un piccolo cambio di registro gradevole. Con Not Tonite, si respira un’atmosfera molto evocativa, un ritornello che cattura, ha tutto il sapore del classico senza tempo. Root Of Self Hate continua sulla falsariga dei precedenti, un brano bilanciato che trascina il piede sul battere, sweet. Con The Crushing Weight, il sound si fa più interessante, abbandoniamo per un attimo i paramenti oscuri e facciamo un tuffo in quello che erano gli anni ’80, un sound che ricorda per certi versi Kano o anche Den Harrow, quel sound un po’ innocente alla Valerie Dore, ma è pop allo stesso modo? Assolutamente no, ne distilla casomai quel sound per poi rielaborarlo in una chiave del tutto personale. È un bel viaggio all’indietro nel tempo. Where You’ll Go … il nostro treno è appena arrivato in una banchina che sembra tradire il paesaggio incontrato sin ora, come se all’uscita di una galleria in Bavaria mi ritrovassi un oasi del Marocco … Lascia un po’ interdetti, qualche punto interrogativo, a tratti convince poco. A rassicurarmi sulle tonalità “dark” riportandomi in quella comfort zone a cui mi aveva condotto sin dai primi pezzi, ci pensa il brano Josephine. C’è un aneddoto divertente che ci riferisce Albie Mason, durante la nostra piacevole conversazione; ci narra infatti che il pezzo nasce dall’aver visto, nottetempo, un video su Napoleone Bonaparte; sono rimasto a bocca aperta, ci abbiamo riso su, ma mi ha totalmente spiazzato, mi aspettavo un volo pindarico o del gossip, un riferimento a qualche pietra angolare della sua vita. Quindi era quella Josephine e per la cronaca finisce i suoi giorni sul patibolo durante il regime del terrore. Prendiamo atto di come è stato concepito il brano, ma rimane comunque quel leit motiv struggente ma orecchiabile. I Don’t Care toglie ogni ulteriore dubbio sul DNA di questo album, è l’ennesima conferma del forte legame con la darkwave che ha Scary Black, un legame a doppio filo. Youth In Hell, che fa tanto retro wave, riprende quel mood di The Crushing Weight che abbiamo già incontrato a metà disco. Bene così.

Nel complesso Shadow Dwellers (B-Sides) è un buon lavoro con alti e bassi, anche fisiologici, con tante sonorità che ricalcano positivamente il sound anni ’80 e la darkwave, il dardo puntato all’inizio è ormai scoccato e con questi 9 brani l’artista centra sicuramente la platea di riferimento, conquistando anche gli appassionati di sonorità più rarefatte e sognanti, shoegaze, con largo uso di pedali e diavolerie elettroniche da moderni alchimisti.

Paolo Calò