TIM PRESLEY’S WHITE FENCE
I Have To Feed Larry's Hawk
(Drag City, 2019)

Son trascorsi più di una ventina d’anni da quando Tim Presley ha pensato si dimenarsi tra i generi più disparati sotto numerose sigle in veste sia di collaboratore che di “capitano”. Esordisce con l’hardcore nei Model American And The Nerve Agents, sorvola paesaggi acidi a bordo della navicella Darker My Love, collabora più volte con l’amico Ty Segall, diventa membro fisso dei Fall per poi, a metà percorso, trasferirsi da Los Angeles in quel di San Francisco, rinchiudersi tra le 4 mura della sua cameretta ad intingere l’anima nell’acido e decorarla di melodie con “fedeltà” rigorosamente “bassa” e regalarci delle autentiche meraviglie a nome White Fence e Drinks (loro le prove migliori per il sottoscritto). Questa volta però il nostro vuole che ci sia solo il suo nome in copertina oltre a quello di qualche “guest”: Jeremy Harris, Dylan Hadley e H. Hawkline.

I Have To Feed Larry’s Hawk erige una campata lunga più di mezzo secolo radicata nei ’60 (a volte va anche oltre) e nel presente con qualche puntatina soltanto dalle parti degli ’80. Il disco percorre sentieri dell’anima e della mente toccando fasi claustrofobiche, sdolcinate, malinconiche, nostalgiche, addirittura spettrali, spesso dal sapore “arcaico”, con piglio a volte beat altre psych ma sicuramente pop, procurando un vortice di stati d’animo ora comatosi ora laceranti ora ancora elettrici oltre a continui e sottili crolli allucinogeni. Melodie quindi coinvolgenti e magnetiche ma allo stesso tempo essenziali che si concedono capatine rock’n’roll, urgenze rag, progressioni liquide, inflessioni liturgiche e derive futuristiche. Due i dischi che lo compongono: intimo, intrigante, introspettivo, il primo; “freddo”, digitale e strumentale il secondo. Vari invece gli spettri che aleggiano tra le note di un ricco parco strumentale (synth, piano, percussioni, tastiere, clarinetto, oltre i classici): spesso Beatles, Magnetic Fields (Fog City, Lorelei), Bowie (Indisposed), Richard Hell (Neighborhood Light), addirittura Throbbing Gristle (Harm Reduction (B: Street & Inside Mind)).

Insomma un disco per i punk, per i nostalgici del (mersey)beat, per gli amanti dei voli pindarici e del glam, per i garagisti, per i folker e per nessuno di questi. Di certo non per tutti!

Salvatore Lobosco