THE DREAM SYNDICATE
"Ultraviolet Battle Hymns And True Confessions"
(Fire, 2022)

Un bordone di synth minimale e ripetitivo di 40 secondi che pare provenire da un vecchio disco di Terry Riley inaugura (prima dell’entrata prepotente delle chitarre) Where I’ll Stand, primo brano di Ultraviolet Battle Hymns And The True Confessions, nuovo disco dei Dream Syndicate di Steve Wynn. Ed è subito festa, una ballata lenta ipnotica ed epica, dai potenti riverberi psichedelici, monopolizzata dalla performance vocale distesa di uno Steve Wynn (leader, fondatore, lead vocal, chitarrista, compositore storico della band) che per tutti i 10 brani dell’album dispiegherà un sapido ed ormai più che maturo carisma vocale interiorizzato, carico al contempo di quieta saggezza espressiva e lividi umori chiaroscurali.

Where I’ll Stand è il significativo biglietto da visita di un lavoro (il quarto del nuovo corso della band simbolo del glorioso movimento neo garage/ psichedelico losangelino anni ’80 Paisley Underground , un combo scioltosi poco dopo la pubblicazione nel 1988 di Ghost Stories, riunito poi dal leader con una line-up rinnovata nel 2012, dopo quasi 25 anni) che cambia decisamente le carte in tavola rispetto The Universe Inside, il disco precedente del 2020, il terzo della seconda vita della band tutta su Anti Records. Ultraviolet Battle Hymns And The True Confessions (titolo psichedelico estremamente misterioso che si presta a svariate interpretazioni) esce anche per un’etichetta diversa, la Fire Records, confermando la line-up degli ultimi tre lavori: Mark Walton (bass guitar), Dennis Duck (batteria) e Jason Victor (chitarra). Alle tastiere poi ormai in pianta stabile Chris Cacavas, ex Green On Red. Ospiti anche stavolta Stephen McCarthy, ex Long Ryders al sitar elettrico e alla pedal steel guitar e il sassofonista e trombettista Marcus Tenney.

Foto di Chris Sikich

Dicevamo più su di un appeal di questi nuovi 10 brani completamente diverso rispetto al materiale di due anni fa, a proposito del quale scrivevamo in una recensione cose di questo tipo: “… lunghe porzioni strumentali improntate a libertà e territori improvvisativi di stampo para-jazzistico … 5 lunghi/lunghissimi brani (uno di oltre 20 minuti) … una sorta di nuovo aggiornato format musicale”. Nulla di tutto questo nel 2022, 10 fascinosissimi episodi (per lo più ballate lente e mid-tempo, The Chronicles Of You, Damian) di maturo e denso stampo melodico-psichedelico che non superano al massimo i 6 minuti, come nel caso dell’ombrosa e introversa Beyond Control. Una fattura compositiva controllata e, perché no, piacevole, persino radio- friendly nella più pimpante fresca Every Time You Come Around, ricca di un carismatico solo chitarristico, che non può non riportarci indietro ai tempi pionieristici addirittura del primo omonimo E.P. dei Dream Syndicate del 1982 e agli umori fradici di elettricità dei primi seminali newyorkesi Television.

Ma le sorprese non finiscono qua: in questo ritorno dei Dream Syndicate ad un canonico formato “song” spicca una sorprendente lenta, decisamente loureediana Hard To Say Goodbye con la pedal steel guitar di Stephen McCarthy in bella evidenza e Wynn impegnato in una interpretazione crepuscolare da premio oscar. My Lazy Mind, un introverso quasi blues paludoso con i fiati a sottolineare una song che potrebbe tranquillamente provenire dal repertorio del tardo Leonard Cohen. Tesa ed inquietante appare invece Lesson Number One sempre con l’apparizione discreta dei fiati.

Foto di P Squared

Trying To Get Over ha impianto, riff e solo chitarristici di matrice post punk, si potrebbe azzardare trattarsi quasi di un tardivo ectoplasma di Unknown Pleasures dei Joy Division. Grandissimo finale con la convulsa e veloce Straight Lines, fortemente chitarristica, strumentalmente ricca con le tastiere di Cacavas in gran spolvero: anche qui l’ascolto è rapito da inquietanti fantasmi sonori dei primissimi Dream Syndicate.

Un grande album Ultraviolet Battle Hymns And True Confessions, testimonianza di una creatura sonica che cambia sempre pelle, in perenne mutazione, a conferma di quanto Steve Wynn affermava imberbe nei primi anni ’80: “… we’re playing music we want to hear because nobody else is doing it … I’ll comprise on what I eat or where I sleep, but I won’t compromise on what music I play” — “… suoniamo la musica che vogliamo perché nessun altro la suona … potrò avere compromessi su ciò che mangio o dove dormo ma non avrò compromessi su quale musica suonare”. Nel 2022 Steve Winn e i Dream Syndicate continuano a ignorare i compromessi e a suonare la musica che vogliono, mutandola ogni volta che vogliono.

Pasquale Boffoli

 

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