KULA SHAKER
"1st Congregational Church Of Eternal Love And Free Hugs"
(Strangefolk, 2022)

I Kula Shaker sembrano entrati in un loop spazio-tempo senza via d’uscita, per loro le lancette del tempo musicale si sono fermate al decennio a cavallo tra il ’60 e il ’70. A dispetto di quanto musicalmente prodotto nel millennio in corso, loro continuano imperterriti a fare dischi ispirati al periodo d’oro della musica rock. A detta della band, l’ultima loro uscita K 2.0 del 2016, doveva rappresentare la chiusura di un ciclo e invece eccoli ancora qui con addirittura un doppio album.

Il nuovo dal titolo 1st Congregational Church Of Eternal Love And Free Hugs è il settimo lavoro in studio della band. Il singolo uscito un mese fa (naturalmente solo in video, come da prassi attuale) è The Once And Future King. Il brano si apre con un tappeto di organi su cui si staglia una chitarra acustica e note di synth a fare da contrappunto, il sound è molto rarefatto con un crescendo finale quasi floydiano. Love In Separation è una bella ed ispirata marcetta in terzine, quasi un valzer. Gingerbread Man parte con un carillon e poi si trasforma in un bubblegum-rock-acustico con l’immancabile organo farfisa a rendere tutto più garage. Interessante anche lo sviluppo di After The Fall Pt. 2 & 3 che da un’introduzione, in cui la band cita palesemente e consapevolmente il proprio amore per Morricone, passa poi direttamente ad armonie e ritmi indiani, da sempre un marchio di fabbrica dei Kula Shaker. In 303 Rivisited sembra di sentire il George Harrison solista. Degne di nota le armonie iniziali di Burning Down, suonate con l’ukulele e in cui si fondono con maestria folk e country, salvo poi esplodere in un riff funky-garage. Don’t Forsake Me ripropone i riff hendrixiani accompagnati dall’Hammond, soluzioni stilistiche sempre care alla band fin dagli esordi. Bumblebee è una ballata folk che sembra scritta da Dylan e arrangiata da McCartney. Where Have All The Brave Knights Gone è una gradevole Honky Tonk ballad Stones oriented.

Un disco ispirato, ben suonato ed arrangiato, che non ci fa gridare al capolavoro ma che ci riconcilia con la musica e con le emozioni di cui c’è tanto bisogno in questi giorni bui, come d’altronde sembra suggerirci il titolo dell’album.

Nino Colaianni