IL “MONDO PERDUTO” DEI CURE È PASSATO DALL’ITALIA
“Italy, thank you for an unforgettable week” (Italia, grazie per una settimana indimenticabile), questa la dichiarazione che i Cure hanno affidato alle pagine social ufficiali al margine dell’ultimo dei 4 live che li ha visti protagonisti in Italia la scorsa settimana. I Cure sono arrivati nel nostro Paese con il loro “Lost World Tour”, annunciato come il tour d’accompagnamento al nuovo album Songs Of The Lost World, album che in realtà per adesso non ha ancora visto la luce, nonostante le varie dichiarazioni di Robert Smith che facevano presagire un’uscita precedente a questo ennesimo tour della band.
In realtà i Cure nella prima parte del tour, iniziato a fine settembre, hanno già dato un assaggio del nuovo lavoro, suonando ben 5 brani inediti di quelli che sicuramente faranno parte della tracklist finale del disco. 4 quindi le tappe italiane del 2022 nei palazzetti di Casalecchio di Reno (Bologna – 31 ottobre, Unipol Arena), Firenze (1 novembre, Mandela Forum), Padova (3 novembre, Kioene Arena) ed Assago (Milano – 4 novembre, Mediolanum Forum): noi abbiamo assistito a tutti e 4 i concerti. 4 preannunciati sold out, 4 serate indimenticabili, nelle quali il calorosissimo pubblico italiano, ha dimostrato un fortissimo legame quasi “religioso” con la band di Smith e soci. Affetto assolutamente ripagato con dei live mastodontici, 2 ore e 40 minuti a sera, scalette che accontentano tutti, mescolando sapientemente tutto ciò che ha contraddistinto la loro musica in più di 40 anni di carriera.
Una delle novità di questo tour è l’allargamento della formazione da 5 a 6 elementi, con il ritorno del tastierista/chitarrista Perry Bamonte, già protagonista con la band dal 1990 al 2004. In realtà non abbiamo ben capito il ruolo attuale di Bamonte, dato che i brani dei Cure non hanno bisogno di un supporto maggiore di chitarre o tastiere, ruoli coperti egregiamente già da Reeves Gabrels, ex chitarrista di David Bowie, e dallo storico tastierista Roger O’Donnell, però a Perry gli si vuole un gran bene ed è un piacere rivederlo sul palco.
Questa volta “i nostri” in Italia non si sono risparmiati, proponendo delle setlist da cardiopalmo, con un sound impeccabile, ancor più potente e di qualità rispetto ai tour precedenti (lo stesso Claudio Trotta, boss della Barley Arts organizzatrice del tour italiano a tal proposito ha dichiarato “… con una qualità e nitidezza di suoni mai ascoltata prima”). La band è apparsa in gran forma, con Smith sempre allegro, un po’ goffo nelle movenze, ma con una voce potente e rinvigorita, che non ha fatto certo rimpiangere il passato. Spesso ha scherzato con il pubblico, ironizzando sulla sua poca conoscenza della lingua italiana (“conosco solo grazie e molte grazie” o “quando avevo 6 anni sapevo parlare l’italiano perché avevo un amico italiano”). Simon Gallup, che l’anno scorso aveva fatto “tremare” i fan con l’annuncio dell’addio alla band, poi smentito, salta e si muove sfoggiando i suoi nuovi bassi rosso fiammante, con un appeal più duro dei suoi compagni di gruppo.
I Cure si sono divertiti a modificare le scalette in tutte e 4 le date italiane, proponendo un “plot” fisso che comprendeva la maggior parte delle loro hit e brani storici come Pictures Of You, Burn, Lullaby, Close To Me, Lovesong, A Night Like This, From The Edge Of The Deep Green Sea, The Walk, Play For Today, A Forest, Friday I’m In Love, Just Like Heaven, In Between Days, Boys Don’t Cry, alternati a “chicche” inaspettate e grandi gemme del passato come At Night, Cold, 100 Years, Figurehead, The Drowning Man, Faith (per adesso suonata solo in Italia in questo tour), A Strange Day, Charlotte Sometimes.
Difficile dire quale dei live italiani sia stato il migliore. Di sicuro rimarrà memorabile il concerto al Forum di Assago a Milano, dove Smith e compagni hanno suonato per la prima volta in assoluto il quinto degli inediti proposti in questo tour, A Fragile Thing, e dove hanno proposto il primo dei due Encore altamente emozionante con l’inedito I Can Never Say Goodbye, che Smith ha scritto per suo fratello morto un anno fa. Poi Figurehead, Faith e Disintegration, molto intense, sentite e sofferte.
Fanno ben sperare le anteprime del nuovo album che i Cure stanno presentando in giro per l’Europa e che abbiamo avuto modo di ascoltare durante le esibizioni italiane. L’apertura con Alone è una scelta azzeccatissima, in pieno stile Cure, così come la chiusura del set affidata ad Endsong, un brano struggente di oltre 10 minuti, con un’intro strumentale da brividi e con il ritornello che recita “It’s all gone, it’s all gone, nothing left of all I loved, It all feels wrong. It’s all gone, it’s all gone, it’s all gone, no hopes, no dreams, no world, no, I don’t belong, and I don’t belong here anymore”, che riesce a strappare più di una lacrima ai fans affezionati alle sonorità più malinconiche e cupe della band.
Dal sapore più pop ma comunque malinconico è invece And Nothing Is Forever. Di tutt’altro mood invece l’ultimo encore dei live, dedicato alle hit pop, da Lullaby a Close To Me, da Just Like Heaven a In Between Days, per finire con l’immancabile Boys Don’t Cry, che in tutti i concerti italiani si è chiusa con un Robert Smith apparso felice e commosso, mentre ha ringraziato e salutato a lungo il pubblico in delirio, prima di congedarsi con l’ormai fatidica frase “thank you and see you again”. E noi ci auguriamo di rivedere i Cure ancora per tanto tempo, “again and again and again …”.
Ivan Piepoli
Foto di Ivan Piepoli.