STEVEN WILSON
"The Harmony Codex"
(Virgin Records, 2023)

La leggenda del prog rock Steven Wilson, continua ad esplorare nuovi orizzonti con la sua musica e, nel farlo, confonde molti dei suoi fan, compreso il sottoscritto. Devo dire che quando sono usciti i singoli di questo disco mi sono incuriosito ed emozionato come non mi capitava dai tempi di The Raven That Refused To Sing. Un sentimento in netto contrasto con il mio mood nei confronti dei tre lavori solisti che avevano preceduto The Harmony Codex e in special modo con The Future Bites’. Il susseguirsi dei singoli ha lentamente spinto gli attenti ascoltatori in direzioni diverse, una cornucopia eclettica, se presa nel suo insieme, che suggeriva non solo un parziale ritorno allo stile prog con la P maiuscola, ma una sorta di fusione di esso con le sue inclinazioni elettroniche. Il pacchetto finale replica questi colpi di scena nella prima metà dell’opera prima di evolversi in un seguito per lo più diretto di The Future Bites, anche se notevolmente migliorato rispetto al solido predecessore. Il risultato, infatti, è un album eccellente.

In The Harmony Codex (uscito il 29 settembre 2023) innanzitutto ci sono le forme più convenzionalmente prog rock che hanno dominato i singoli. Queste costituiscono la maggior parte dei momenti davvero sorprendenti del disco, anche se sono spesso radicati in alcuni degli stili più tipici del prog, poiché piuttosto nuovi nella tavolozza di Wilson, e lui e la vertiginosa schiera di musicisti di supporto e ospiti sul palco, li suonano in modo unico e sempre potente. Steven Wilson ha infatti ceduto alcuni degli assoli di chitarra del disco a Niko Tsonev, in particolare il lamentoso climax post Pink Floyd di Rock Bottom.

Il culmine di tutto ciò è il monumentale Impossible Tightrope, un brano quasi strumentale che mette alla prova sia i limiti della natura di Wilson come factotum musicale sia le abilità dei singoli musicisti. Le chitarre galleggiano a turno nel mare o nel cielo equamente divise tra quella di David Kollar, Tsonev, Lee Harris e lo stesso Wilson prima di sfrecciare attraverso ritmi frenetici di batteria (Nate Wood), tastiere (Adam Holzman) e grandi esplosioni di sassofono (Theo Travis). Sia l’apertura che la seconda metà dell’album sono costituite dai nuovi idiomi elettronici che Steven Wilson ha imparato ad usare e sembrano nel complesso più maturi di quelli di The Future Bites e riusciti nel suo dichiarato desiderio di andare oltre quel disco e il suo pop palese. Sebbene più o meno per loro natura tendano ad essere in qualche modo statici nei ritmi principali e negli arpeggi, Wilson e i suoi ospiti tastieristi hanno cercato di diversificare questi paesaggi sonori con impennate industriali e alcuni eccellenti assoli di chitarra. C’è anche il punto di svolta nella traccia di apertura Inclination che mostra il potere del silenzio nella musica e preannuncia quella che è quasi una nuova canzone e una certa evoluzione nei tagli che raggiungono l’apice con il tratto più bello di The Harmony Codex, Beautiful Scarecrow.

In effetti, l’unico pezzo inferiore alla media è la traccia del titolo che abbandona tutto ciò per fluttuare svogliatamente in un ambiente desolato e finisce per sentirsi irrimediabilmente fuori posto. Sebbene probabilmente falliscano in qualche modo nel mantenere la promessa di Wilson, secondo cui ogni traccia sarebbe stata significativamente diversa l’una dall’altra, i tagli elettronici costantemente cupi e persino snervanti sono deliziosi ed evitano il calo di qualità a metà album che ha ribaltato, a suo tempo, il giudizio su To The Bone’. In cima a tutto c’è la forza della voce e di gran parte del lirismo di The Harmony Codex. Steven Wilson ha sfidato se stesso non solo per migliorare gli stili vocali che aveva già utilizzato in precedenza, ma anche per provarne di nuovi. L’esempio principale di ciò avviene in Actual Brutal Facts, dove per la prima volta declama lentamente, ma con amarezza ammantata di effetti sinistri, una bordata di malcontento generale. A questa si aggiunge il trionfo di Rock Bottom su cui Ninet Tayeb ha potuto mostrare tutta la potenza della sua voce melliflua che Wilson è stato in grado di valorizzare in un superbo duetto. In sintesi, The Harmony Codex è davvero uno dei suoi migliori lavori da solista. Un disco meraviglioso e lungimirante che è un solido compromesso tra il suo prog rock e le sue varie direzioni elettroniche.

Marco Galvagni

 

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