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DEAD FEATHERS
"S/T"
(Heviske, 2014 / 2016)

Esordio discografico per i Dead Feathers, che per la inglese Heviske Records siglano un magnetizzante EP di 4 traccie il cui elemento tematico è la celebrazione della cultura nativa americana. Ciò che salta immediatamente alle orecchie è la voce splendidamente espansiva e melodica della cantante Marissa Allen che con una performance ipnotizzante fatta di mormorii febbrili e forti lamenti rende il suo cantato emotivamente esaltante. Ci sono dei momenti in cui la musica ci trasporta in un vero e proprio viaggio psichedelico come in With Me, che suona come un inno inquietante di un’anima perduta ed evoca un accenno di trance sciamanica che apre orecchie e mente, o come nel’intensa e mistica Night Child stesso lento psych-blues in cui troviamo la voce della Allen brillare. Il cantato spazia dal blues-rock a Janis Joplin ed è capace di creare una tensione tale da indurre l’ascoltatore a perdersi. Alle chitarre troviamo Wold e Snyder che accompagnano la voce di Marissa in simbiotica armonia con il resto della band, al basso Rod Rodak e José Bernal alla batteria. Riscontriamo molto di più di un semplice tocco di originalità scorrere nel quintetto di Chicago, e la Heviske Records lo sa bene, tanto da trasformare questo EP, uscito nel 2014 in formato cassetta e ristampato quest’anno in 10″, in una rivelazione di tutto rispetto.

Long live to Dead Feathers!

Mattia Camporesi

JESUS SONS
"Bring It On Home"
(Mock, 2015)

jesus-sonsGarage rock does not get any more real than this, loro sono questo ed altro e per chi non li conoscesse si fanno chiamare Jesus Sons. Nati in un garage repair di motociclette nei sobborghi di San Francisco questi cinque capelloni capitanati dal carismatico Brandon Wurtz suonano un garage rock caldo e pieno di energia dal sapore retrò anni ’60/’70. Dopo il primo disco omonimo del 2014, edito dalla Mock Records, la band torna in pista con questo nuovo lavoro Bring It On Home. Risultato? Un album vivo, capace di esaltare mescolando garage rock, country e blues da far tremare anima e corpo. Il loro sound è paragonabile a quello di band quali Seeds, Creedence Clearwater Revival, Kingsmen o Electric Prunes che si muovevano nella San Francisco Valley e che rivoluzionarono il ben pensare comune della società americana con un movimento controculturale che invitava le persone ad abbracciare i cambiamenti culturali e a distaccarsi dalle convenzioni e dalle gerarchie esistenti all’epoca. I Jesus Sons sono il classico esempio di garage rock band degli anni ’60 non solo nello stile ma anche nella strumentazione impiegata in Bring It On Home; Tascam 388, amplificatore Silvertone e chitarre giapponesi contribuiscono a cogliere in pieno l’essenza stessa del rock. Un album vero, tutto da vivere con armoniche, slide guitar, whisky e motorcycle riding che racchiudono la ricerca della libertà di oggi e di domani.

Mattia Camporesi

JOY
"Ride Along!"
(Tee Pee Records, 2016)

joyA quasi due anni dal loro esordio discografico, Under The Spell Of Joy, la band di San Diego si ripresenta ancora in gran forma sotto Tee Pee Records con questo Ride Along!. Tra i due album non si avverte un gran cambiamento, il suono della band si è fatto semplicemente più caldo e coeso e i brani più brevi e diretti. I Joy sono artefici, assieme a band come Radio Moscow, Harsh Toke, Sacri Monti e agli indiscussi padri fondatori Earthless, di una rinascita della vecchia scena psych hard blues dei ’70, seppur con una verve rinnovata ed un impatto più heavy. La caratteristica che contraddistingue maggiormente il loro sound è la combinazione tra elementi blues rock e psichedelici e tonnellate di chitarre con effetti fuzztone e wah-wah dal riverbero così potente da intimidire gli Hawkwind. Ride Along! richiama, con una copertina ad alto impatto visivo, la cultura bikers californiana dei ’70 tipica dello stile di vita live free, e vanta al suo interno collaborazioni di ospiti del calibro di Mario Rubacalca, pro-skater e super batterista degli Earthless, Parker Griggs cantante e chitarrista dei Radio Moscow e per finire Brendon Dellar dei Sacri Monti. Un album spaventosamente potente che non si risparmia nell’uso del riverbero.

Mattia Camporesi