GIANLUCA BECUZZI
"Faraway From Light"
(Luce Sia / Show Me Your Wounds Production, 2016)

gianluca-becuzziGianluca Becuzzi è figura ben nota, in Italia e all’estero, come uno dei più sensibili compositori in ambito elettronico ed elettroacustico, attivo, in molteplici progetti e collaborazioni, fin dalla prima metà degli anni ’80. Difficili da dimenticare le oscure sperimentazioni della creatura Limbo, le ricerche digitali degli anni ’90 caratterizzate da una forte impronta di ricerca grazie ad un marcato interesse per le tecnologie più disparate, passando per gli anni 2000 fino ad oggi, dove un asse puntato più verso l’elettroacustica lo ha reso in ultimo un vero e proprio “compositore”. Variegata e sempre di alta qualità tutta la sua produzione, in particolar modo le opere sotto il suo nome, dalle manipolazioni post-industrial di Trax To Trax del 2012 all’ambient “insettoide” di (B)haunted del 2014, dall’ambient-industrial di We Can Be Everywhere fino al più recente Deceptionland dello scorso anno. Da non dimenticare le ricerche digitali di Kinetix, il sodalizio artistico con Fabio Orsi nel 2007 (Muddy Speaking Ghosts Through My Machines), o con Luigi Turra e Simon Balestrazzi, il progetto Noise Trade Company e le produzioni sotto la sigla Grey History, fino alle numerose collaborazioni con artisti della scena dark/ambient e noise nazionale (di recente con Noisedelik).

Inarrestabile, Becuzzi approda ad un lavoro di tre tracce in formato CD, limitato 200 copie in “standard jewel-case” dal titolo Faraway From Light, edito dalle svizzere Luce Sia e Show Me Your Wounds Production. Il fulcro dell’opera parte da un utilizzo di fonti sonore (field recordings) registrate nel 2013 nelle torri di Teufelsberg, una collina artificiale che sorge nei pressi di Grunewald, densa e rigogliosa foresta ad ovest di Berlino, ricavata dai resti bellici della seconda guerra mondiale. Il suo nome in tedesco vuol dire “montagna del demonio”. In cima alla collina c’è una stazione di ascolto della NSA, gestita dall’intelligence britannica e americana prima della caduta del muro, che divideva la capitale della Germania. Dopo la caduta del muro nel 1989 le autorità tedesche presero possesso di Teufelsberg che, dopo essere passata attraverso le mani di diversi proprietari (compreso David Lynch, che aveva progettato di costruirci un’università di meditazione), è diventata di proprietà privata. Della stazione sono rimaste praticamente solo le spoglie ricoperte di graffiti, che le danno un’atmosfera singolare.

Ma passiamo all’ascolto. La prima composizione è Evil Throughout History [A], un’oscura traccia ambient-industrial, catatterizzata da un suono corrosivo ed alienante. Dai lenti e cadenzati ritmi iniziatici, veniamo ben presto imprigionati in una stratificazione di suoni sempre più potente, impossibile abbassare la guardia, catturati da un vortice “in crescendo” che catalizza minuto per minuto la nostra capacità di ascolto. Becuzzi, fin dal primo brano, ci catapulta lentamente in un flusso ininterotto di ultrasuoni senza tregua. Ne sono una conferma i 37 minuti di The Addiction, mantra elettroacustico di una potenza devastante nel suo evolversi inarrestabile, presentata nel 2013 al festival cagliaritano di musica e cinema sperimentale Solo Il Mio Nero come sonorizzazione dell’omonimo film del regista Abel Ferrara. Ispirandosi alle ricerche del suono di Iannis Xenakis, Becuzzi parte da un’idea plastica della musica. Eliminando totalmante i concetti di armonia e melodia, considera il suono per masse, pieni, vuoti, volumi e colori, ma se il compositore greco lo fa con un orchestra, il nostro dà inizio a delle “sinfonie industriali” grazie ai rumori registrati a Teufelsberg. Cambia “la base”, ma il principio è lo stesso. Becuzzi si configura artista nel significato più puro del termine, perchè, grazie a questo processo creativo, utilizza il suono come se fosse materia scultorea, o addirittura architettonica, qualcosa da modellare volumetricamente con il trascorre dei minuti. Anche sotto il profilo tecnico lavora con i volumi dei singoli suoni o della sommatoria di più suoni (una composizione per “masse sonore”) e con le stereofonie, come se si trattasse della terza dimensione. L’ispirazione dell’artista è libera e sotto molti aspetti imprevedibile, non ha remore nella progressiva manipolazione, e il lungo brano si configura nel suo massimo splendore come un intreccio “catastrofico” delle più impensabili percussioni, utilizzate in maniera totalmente informale, sfregate con bachette di ferro, catene, oggetti metallici. Se pensate sia finita quivi sbagliare, nell’ultima traccia, Evil Throu Ghout History (B) non si indietreggia di un solo passo, agghiaccianti propulsioni droniche si uniscono agli allucinanti rivereberi dei field recordings, dando vita ad una massa sonora che ci trapassa portandoci al blocco fisico, come una vera folgorazione elettroacustica.

Lavoro estremo ed ispirato, una delle realease più convincenti dell’artista, capace di superare il concetto stesso di suono e tutte le azioni che portano alla sua produzione …

… lontano dalla luce …

Marco Pantaleone