COUNTER INTUITS
"Monosyllabilly"
(Pyramid Scheme, 2016)

counter-intuitsSenza ombra di dubbio uno degli album più belli dell’annata in corso questa terza uscita dei Counter Intuits (Ohio), duo composto dalle due vecchie guardie Ron House che già ci aveva deliziati con i suoi Thomas Jefferson Slave Apartments prima ed Ego Summit dopo lungo l’arco dei ’90 e Jared Phillips che, nel decennio successivo, ci aveva inferto delle profonde ferite con le taglienti sonorità “weird” dei Times New Viking. Cotanta delizia da una line-up strumentale ridotta all’osso, chitarra (Jaret) e batteria (Ron), testimonia quanto risulti obsoleto un ricco equipaggiamento quando è l’anima a condurre il gioco.

Monosyllabilly arriva a tre anni di distanza da Sheets Of Hits, primo album della band, e a due dalla loro seconda ed ultima prova nel formato cassetta, Right Side Of Story. Le due anime per certi versi contrastanti di Ron e Jared, la prima volta ad un passato piuttosto remoto dalle essenze “campestri” in chiave “bianca” (siamo dalle parti degli Appalachi), la seconda ad un nervoso e distorto suono metropolitano, qui collidono e si fondono in un mélange straniante condotto da un songwriting di altissimo spessore ed altrettanta freschezza. C’è n’è per tutti i gusti, dalle ritmiche primitive sconquassate di His Master’s Voice in cui aleggia lo spettro dei Coachwhips alle passeggiate paisley dal sapore Dream Syndicate di Deep Storage Space, dagli echi di oscura new wave inglese (Joy Division) di Bernie’s Bagels Saga e della strumentale Telephone Pole a quelli no wave dissonanti di Creative Juice passando per i motivetti scolastici di Actors Running Sound, le litanie degenerate della title track e gli assalti acidi evoluti di Sunglasses After Death (Spacemen 3). Ovviamente non potevano mancare corposi richiami ai vari Cramps, Gibson Bros. o Gories vista la presenza di Ron, ma il meglio di sé i Counter Intuits lo danno quando è la melodia a marchiare i brani, seppur tessuta con stravaganza, come in Rubber Gloves, forse la più bella del lotto, nella struggente Password (Is Password) o in Rocket Surgery che abbassa il sipario all’insegna di una decisa tristezza.

Da qualche parte ho letto: “No other band really needs to release an LP for the rest of 2016 now”.

Salvatore Lobosco