GANG OF FOUR
(Roma, 28 aprile 2018)

Gang Of Four non rientrano nel novero dei gruppi post punk che vidi a suo tempo, quelli della serie “non-ho-mezzo-secolo-invano” e dunque ho sentito il dovere di presenziare alla loro data romana, pur sapendo che l’unico superstite della formazione originale fosse il chitarrista Andy Gill. Il Traffic è un rock club di medie dimensioni sulla Prenestina. Niente sold out, pubblico mediamente grandicello, dentro si gira comodamente, al bar non c’è fila. Il tempo di far due chiacchiere con gli amici (ciao Giacomo), di espiare un opening incongruo e subito le luci si abbassano in sala. Per prima cosa Gill si sente in obbligo di mandare in feedback una chitarra e di fracassarla sul palco, dopodiché partono a mitraglia i classici estratti da Enterteinment! e Solid Gold. È subito chiaro che il vecchio scarpone ha scelto bene i suoi giovani collaboratori: un cantante dinamico, belloccio e fatto quanto basta a celebrare l’eterno mito del rock dionisiaco, un bassista di colore con aria da pusher che fa il paio col primo, un batterista implacabile. Il suggestivo quadretto suggerisce alcune domande: è davvero “sempre” necessario avere il coccodrillo vivo sul palco? Se invece che Gang Of One+3 avessero suonato gli originali quattro, considerando anche l’età pro capite, siamo sicuri che il risultato performativo sarebbe stato migliore? A parte il paio di brani di nuova composizione, i quali effettivamente suonano assai meno convincenti, tutto fluisce energico e coinvolgente, lontano dall’effetto “tengofamigliatour” e non ingenera rimpianti di sorta. È solo Gill che tiene le redini della compagnia o in alcuni casi è il repertorio (adeguatamente eseguito da professionisti) che fa la differenza? Caso isolato o esito auspicabile anche per altre vecchie glorie? Ai post-posteri l’ardua sentenza, per ora ci limitiamo a riscontrare che l’alto livello di criticità prostatica non ha riguardato la band ma più che altro il pubblico, costringendolo a estenuanti code alla toilette …

Gianluca Becuzzi