CHELSEA WOLFE 
“Birth Of Violence” 
(Sargent House, 2019)

Non occorrono troppe parole per recensire il nuovo album di Chelsea Wolfe se non in termine di ennesimo capolavoro. L’artista californiana (Sacramento) con questo sesto album, decimo se si includono le prime uscite semi-ufficiali, intitolato Birth Of Violence conferma una “certa” affinità con un “certo” suono vicino alla propria visione intima, con l’America come elemento catalizzatore non di un sogno ma piuttosto di una terra dove gli Angeli cadono dimenticati.

“Ho preso la strada madre fino alla dea carne … The Mother Road apre il disco evocando il dolore ma senza sentimentalismi; sono abbastanza grande per conoscerlo ma sono anche un demone decisa ad amarti. American Darkness apre alla splendida title-track … “ti vedo avvolto sulla mia direzione, siamo stati battezzati pietre grigie e fiume azzurro”; questa lunga via che inizialmente era la Route 66 adesso potrebbe avere la fattezza delle sponde del Mississipi dove il blues viene interpretato con passione struggente. “Camminare sul vecchio sentiero mi ha portato verso la morte … non posso fermarmi e voglio essere tutto”. La ballata elettroacustica ricca di pathos di Be All Things si alterna tra le armonizzazioni vocali di Deranged For Rock ‘N’ Roll e Erde. Con When Anger Turns To Honey siamo vicini ai territori 4AD. L’immaginario ci porta nelle campagne velate da una sottile nebbia dove tra tradizioni contadine le donne intonano canti sacro-pagani battendosi dolorosamente il petto mentre lavorano i campi. “Non mi importa cosa dicono di quello che abbiamo fatto … la loro rabbia è come un incantesimo ed il loro odio come un veleno”. Il fascino della sua voce risalta in Dirt Universe e nel delta di Little Grave; luce ed oscurità si fondono in Preface To A Dream Play. “Avevi ragione, l’inferno è sulla terra ed il tempo e lo spazio non esistono qui”. I fluidi arpeggi della chitarra di Highway anticipano la pioggia in The Storm … “un’altra città, un altro giorno; mi sono persa nelle luci fuori da queste autostrade, con te nella testa”.

L’appellativo di dark-lady nella sua bivalenza è insito nella sua personalità ma distante da qualsiasi modello riconducibile alla definizione stessa. Birth Of Violence nelle sua enciclopedia musicale dove il folk è di se una natura autoctona esprime esperienza, delusioni, disperazione, percezioni e dolori della vita nel modo più immediato e coinvolgente possibile con il potere della musica come autodefinizione. E come scritto nel prologo inziale il risultato è più che eccellente. Mi inchino a questo sesta, o decima o quel che è, meraviglia!

Luca Sponzilli