DEEP PURPLE
"Turning To Crime"
(earMUSIC, 2021)

“I Deep Purple vengono da lontano e questo disco di cover lo hanno fatto per puro divertimento. Nel farlo si sono immersi nelle loro radici musicali blues, rock and roll etc …”. Ecco, per sintetizzare e semplificare in pochissime parole Turning To Crime, ultimo lavoro in studio dei Deep Purple (vera e propria leggenda hard rock vivente) uscito il 26 novembre 2021 per earMUSIC, basterebbe questo commento social postato da Silvio Ricci, il più illustre ed attendibile conoscitore di hard rock e heavy metal pugliese (ma probabilmente anche a livello nazionale), autore nel 2017 di “Hard Rock Emotions” (www.lulu.com), un testo fondamentale sull’argomento, che va ad approfondire ed ampliare dopo 30 anni il suo precedente “Hard Rock Story” (1986, Gamma Libri).

Turning To Crime, ventiduesimo disco in studio dei Purple, è prodotto da Bob Ezrin, nome leggendario nella storia del rock, lo stesso dietro al banco di regia della precedente dignitosissima “time trilogy” in studio comprendente Now What?! (2013), Infinite (2017) e Whoosh! (2020), esplicativa in modo eloquente di una band più che matura, dal sound corposo e ancora godibilissimo negli anni duemila. Parliamo di un gruppo che ha contribuito ad “inventare” letteralmente l’hard rock nel 1970 con Deep Purple In Rock debuttando nell’ormai lontanissimo 1968 con Shades Of Deep Purple.
L’attuale line-up (Mark VIII) vede saldamente al loro posto tre dei cinque veterani membri originari: il lead vocal Ian Gillan, il bassista Roger Glover, il batterista Ian Paice, poi il chitarrista Steve Morse (in pianta stabile nei Purple dall’album Purpendicolar, 1996, con l’arduo compito di sostituire il leggendario Ritchie Blackmore) e il tastierista Don Airey, subentrato nel 2003 con l’album Bananas all’altrettanto mitico Jon Lord, che aveva definitivamente abdicato dalla band nel 2002 (ultima sua partecipazione in studio Abandon, 1998) per poi purtroppo lasciare questo mondo nel 2012. Per la cronaca poi nel 2005 i Deep Purple, così rinnovati, avevano dato vita al capolavoro Rapture Of The Deep, dove mettevano a punto con modalità mirabili un sound a metà strada tra un hard rock maturo e attraenti sonorità progressive forgiate soprattutto dalle tastiere di Don Airey.

Sfornare dischi completamente di cover è pratica molto diffusa negli anni duemila, e a differenza di quanto affermano i più “bacchettoni” si può rivelare un’arte vera e propria quando lo si fa non rinunciando nelle rivisitazioni al proprio mood e stile personali, anzi utilizzandoli come valori aggiunti. È decisamente il caso (uno per tutti) della serie “American Recordings” realizzata dalla leggenda americana Johnny Cash tra i ’90 e il primo decennio dei duemila. I Deep Purple in Turning To Crime, tornando (appunto) sul luogo del delitto – la storia del rock – si limitano a divertirsi come si diceva all’inizio, ma lo fanno con una classe e una maturità espressiva e strumentale tali da coinvolgere alla grande anche l’ascoltatore in questo divertimento. L’omaggio alle loro radici musicali rock & roll parte con effetto retroattivo addirittura dagli anni ’40 con una scoppiettante Let The Good Times Roll (resa famosa da Ray Charles), per approdare ai ’50 della folk song The Battle Of New Orleans (conosciuta per la versione di Johnny Horton) e della ruspante zompettante Rockin’ Pneumonia And The Boogie Woogie Flu (Huey “Piano” Smith) già nota per la riuscitissima cover degli americani Flamin’ Groovies del 1969.

Venendo agli anni ’60 i Deep Purple, come nei brani suddetti, riescono ad imprimere con sopraffine qualità ed esperienza i loro impagabili marchi e arrangiamenti strumentali hard/prog ormai ottimizzati persino a 7 And 7 Is, il classico “garage” inciso dagli americani Love nel 1966, alla selvaggia Oh Well dei Fletwood Mac di Peter Green (sconfinando in territorio british blues), a quella innovativa Shapes Of Things che nel 1967 condusse al successo internazionale gli Yardbirds, sino a White Room, folgorante capolavoro dei Cream del 1968. Per addentrarsi infine nel bollente rhythm & blues del Michigan del 1965 con Jenny Take A Ride! di Mitch Ryder & The Detroit Wheels. Impeccabili e di gran classe in queste rivisitazioni anni ’60 tutti gli interventi strumentali/soli della chitarra di Steve Morse e dell’organo/piano acustico di Don Airey. Rimane sobria e contenuta la vocalità di Ian Gillan, ormai scevra dei picchi e dai falsetti incredibili caratteristici dei tempi che furono, e solida come la roccia la sezione ritmica di Glover e Paice.

Gli anni ’70 sono omaggiati dalle rivisitazioni di Lucifer, brano di Bob Seger, mitico rocker fuoriclasse di Detroit (ancora una volta), Dixie Chicken un classico rock (quasi southern) dei losangelini Little Feat di Lowell George, e della dylaniana Watching The River Flow, forse l’episodio meno riuscito del disco.
Il medley finale Caught In The Act (Going Down / Green Onions / Hot ‘Lanta / Dazed And Confused / Gimme Some Lovin’), quasi interamente strumentale, è un ennesimo omaggio al blues, rock’n’roll, rock blues, hard, r&b, pop epici dei ’60 e ’70, quelli scolpiti nella storia del rock attraverso band come Booker T. & The M.G.’s, Allman Brothers, Led Zeppelin, Spencer Davis Group. La cavalcata musicale temporale dei Deep Purple si ferma agli anni ’70 e questo vorrà pur dire qualcosa. Certo, Turning To Crime è un disco partorito da “dinosauri” del panorama rock internazionale, ma ad avercene di dinosauri così.

Pasquale Boffoli

 

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