LE ORME
"Uomo Di Pezza"
(Philips, 1972)

Le OrmeL’anno è il 1972, quarto atto discografico del trio veneziano, successivo a Collage, altro grande 33 giri prog rock oriented partorito dai nostri nel 1971, mentre gli album precedenti Ad Gloriam (1969) e L’Aurora Delle Orme (1970) (sostanzialmente una compilation) erano senza dubbio maggiormente improntati verso sonorità beat psichedeliche. A mio avviso questo disco ha le stimmate del concept, preludendo in questo ciò che prenderà anima e corpo in modo ancora più netto e definito nella loro “opera magna” Felona E Sorona nell’anno successivo.

I brani di Uomo Di Pezza sono vicendevolmente avvinti da un filo logico e le atmosfere sonore variegate, avvolgenti e di facile presa. Tony Pagliuca è alle prese per la prima volta con un sintetizzatore, ne scaturisce un sound più dilatato, maturo, vario e eclettico rispetto a Collage che lascia ben intravedere il suo apprendistato oltremanica in sala di registrazione con il mitico Keith Emerson, dal quale abilmente attinse alcuni trucchi del mestiere. Il disco ci presenta alcune “escursioni” palesemente pop come nell’iniziale Una Dolcezza Nuova, il cui intro progressivo riprende una “ciaccona” di Johann Sebastian Bach e in Gioco Di Bimba, delicata ballata di matrice impegnata, molto contestata dal vivo all’epoca dal pubblico. Terzo pezzo di Uomo Di Pezza è il capolavoro La Porta Chiusa a mio avviso una delle vette creative della band, oscura e fascinosa suite prog di sette minuti e mezzo in stile ELP, nella quale dominano incontrastate le keys distorte e spaziali di Tony, sublimate dalla voce acuta e sottile del deus ex machina Aldo Tagliapietra e dalla impeccabile batteria di Micky Dei Rossi. Quarta track è la struggente Breve Immagine, song easy listening, ma dall’atmosfera magica e psichedelica, ci fa comprendere anche l’eccellente spessore di alcuni brani cosiddetti “commerciali” targati anni ’70, seguita da Figure Di Cartone, in cui Aldo sorretto alla grande dal synth di Tony ci “narra” la storia di una ragazza che, dopo aver subito una violenza, affronta una gravidanza senza quasi capire nemmeno cosa sia e ci introduce nel suo personale ma inutile mondo fantastico, costellato da illusorie “Figure Di Cartone”: qui la band tocca un tema sociale abbastanza scottante, sulla scia di quelli già trattati in alcune canzoni di Collage. Aspettando l’Alba, sesta traccia, inizia semplicemente con la chitarra acustica di Tagliapietra e sfocia in delle interessanti trame barocche e psichedeliche tutt’altro che banali, che conferiscono ed essa un discreto fascino musicale vintage style. Apoteosi è la finale Alienazione, a sublimazione del full lenght, la perfetta antitesi sonora rispetto all’iniziale Una Dolcezza Nuova e qui riecheggia ancora una volta l’eco degli ELP in una imperiosa e tambureggiante cavalcata sinfonica dai ritmi serrati che ci lascia senza fiato … Un grande album che riporta piacevolmente indietro nel tempo, facendoci sempre di più apprezzare il progressive rock italiano dei “magici” seventies.

Luciano De Crescenzo