VON LMO
"Cosmic Interception"
(Variant, 1994)

Von LmoTredici anni, un’eternità fra due uscite discografiche, ma ben poca roba per chi viene da un altro pianeta, abituato a concezioni temporali ben diverse dalle nostre umanissime e misere considerazioni. Una delle star del Max’s Kansas City, Frankie Cavallo aveva creato Von Lmo a fine anni ’70, tirandolo fuori dagli abissi dello spazio della natia Strazar, una delle più credibili dimensioni della sua mente. Personaggio inquietante e selvaggio, vicino sia a sonorità classiche che ad una certa sensibilità avanguardistica, Lmo aveva esordito con Future Language, nel 1981. Disco interessante, ma il cui sound fu idealmente completato nel 1994, anno dell’uscita di Cosmic Interception. Le sonorità, debitrici ad un evidente amore per la psichedelia, pompate in lunghe jam, sono arricchite da distorsioni, filtri, e a da un’aura umanoide del canto e dei ritmi finalmente compiuta e funzionale ad intriganti atmosfere. Si parte con la title track, di cui non serve tradurre il testo, e ci piace immaginare come un delirante e cadenzato discorso d’attacco del pianeta terra da parte di furbissimi alieni in crisi d’astinenza. Il pezzo migliore del disco è il successivo, Radio World, debitore dei gran maestri dello space rock, oltre che dei gran declamatori rock, Jim Morrison in primis. Un sassofono stritolato si fa spazio fra clamori e distosioni, un basso particolarmente acido fa da tappeto ad urla e proclami, pezzo perfetto e di raro equilibrio. Un progetto meno architettato, più da briglie sciolte che da viaggi interstellari è la base di Leave Your Body, rockabilly elettrico e distorto, mentre Inside Shadowland esplora territori teatrali, suoni da colonna sonora di un horror a buon mercato, come si suol dire. Qui la declamazione diventa marziale, e forse più artificiosa. Occorre una nuova accelerazione, ed ecco in soccorso Ultraviolet Light, sonica sin dal titolo e dai filtri iniziali, che lanciano la corsa di urla a metà fra Devo e Sex Pistols, un sassofono prima sospettoso ed infine padrone della situazione a prendere il sopravvento e condurre a termine un altro episodio memorabile. Ti vogliamo così, Frankie. Cosa aspettarsi? Ovviamente una delirante corsa ad accelerazione semicostante, Be Yourself, riff tritati all’infinito, questa volta loro padroni di un timido fiato in lontananza, con Lmo impegnato in una distratta discussione con chissà chi a condire con il suo canto roco un ottimo condensato di rumore ben congegnato. Episodio quasi clonato nella successiva Shake Rattle And Roll, forse meno a fuoco, con la magica alchimia dei rumori che questa volta convince un poco meno; volutamente o meno chissà. Si chiude in grande stile con i nostri amati filtri, flanger e distorsori vari che violentano ancora l’innocente sei corde protagonista della vicenda This Is Pop Rock. Cavalcata elettrica, battito incessante, singhiozzi, il fantasma di Johnny Rotten ancora nell’aria, i Neu di Hero ed After Eight ancora una volta a benedire dall’alto. Serve aggiungere altro? Si, direi di si, un invito ad incuriosirsi e conoscere Von Lmo, uno dei nomi più miscononosciuti di quella scena, spesso fuori da pubblicazioni copiose di dettagli sulla vita sessuale di Dee Dee Ramone o dei vizi di Johnny Thunders e dimentichi, senza un’apparente ragione, di uno dei nomi più interessanti, capace di attraversare gli anni, sparire e ricomparire con sound rinnovato, credibilità e talento immutati.

Luigi D’Acunto