THE HOUSE OF SOUNDS & VISIONS
(Roma, 11 maggio 2018)
Bello questo Ex Dogana! Un gigantesco spazio di recupero di ex magazzini industriali tra la stazione Termini e la Tangenziale, che si presta perfettamente ad ospitare tanto concerti quanto installazioni multimediali. Varcati i cancelli, però, se non si sta attenti ci si perde e senza qualche indicazione si rischia di non trovare la sala che si cerca e il proprio evento (una mini-cartina non guasterebbe). Il pubblico nell’area centrale è tanto, giovane, distratto, disperso fra i 200 bar e punti-ristoro sparsi per la labirintica struttura, brutto da vedere e frivolamente vociante. I live che mi interessano si tengono nel main stage (ci sono contemporaneamente concerti in altri spazi ma non è stato possibile trovarli in tempi ragionevoli), al quale si accede attraversando le stanze con le installazioni. Dapprima, quindi, si passa per l’opera site-specific “Fen Fires” di Grisha Lichtenberger, un pannello di 10 mt con 5 diorami, minigrafiche e audiosystem incorporato: efficace per quanto più concettuosa che concettuale. La seconda opera è decisamente più d’impatto, si chiama “405 Fields” ed è progettata da Design Studio Ultravioletto: 200 laser che mutano secondo i movimenti del pubblico e dialogano con il contesto spaziale. Fantastica. La sala del concerto è invece disadorna, senza alcuna seduta, ma dotata di un impianto audio per una volta all’altezza della situazione. È vuota. Alle 23 inizia il set di apertura di Valerio Moscatelli, unicamente in funzione demarcante rispetto ai seguenti. Il set di Lichtenberger si segnala per: ritmi stortissimi, dinamiche percussive straordinarie, suoni curati e potenti. Un problema al video interrompe purtroppo anzitempo l’eccellente esibizione. Byetone, a seguire, si presenta con la sua consueta formula di ritmi electro, buzz synth e white noise, che risultando meno dinamica della performance precedente lo obbliga ad alzare il master al limite del rischio acufene. I due artisti suonano nel vuoto pneumatico: la sala è pressoché deserta salvo poi popolarsi verso la fine di un’umanità improbabile, visivamente avulsa dalla situazione. Fra il pubblico si avvistano: Mirko e Satomi dei Bee-Hive, Michele Apicella, la versione minus habens di Chuck Norris, un tizio in: kimono, calze bianche e zainetto dell’Invicta. Assenti ingiustificati Pippo, Pluto e “‘A gattara der Pigneto”. Una volta usciti dal main stage, si scopre dove sta davvero il “grande pubblico”: in due dance floor adiacenti uno techno ed uno a tema ’80, complimenti all’operazione “paracula” degli organizzatori. Toilette: un’intera ala della struttura è dedicata ai cessi, raggiungibili attraversando uno psichedelico corridoio al neon. Per i maschi una sola scelta: bagno al neon rosso; per le femmine un’amletica proposta: bagno al neon verde o bagno al neon rosa? Che come per la “pillola” di Matrix, dal cesso discenda un destino? Alle donne è data l’opzione del “sogno”, per gli uomini dopo la pisciata solo un mesto ritorno alla realtà, quella dell’Ex Dogana fra studenti fatti, rincoglioniti d’ogni sorta e tutto un bestiario scodinzolante nella precoce calura della notte romana.
Gianluca Becuzzi