THE JAYHAWKS
"XOXO"
(Sham/Thirty Tigers, 2020)

Che si voglia definire la musica dei Jayhawks roots music, alternative country o con altre formule, il sentire un disco della band è sempre un’emozione. Questo dalla metà degli anni ’80, epoca in cui gli americani iniziarono la loro squisita saga musicale, sino e compreso, senza ombra di dubbio, questo recente, nuovo sfolgorante XOXO.

Si sono così succeduti episodi oggi esaltanti e consigliatissimi da ascoltare come Hollywood Town Hall (1992), Tomorrow The Greengrass (1995), Sound Of Lies (1997), sino ai più recenti Rainy Day Music (2003), Paging Mr. Proust (2016), sopratutto per un’etichetta importante del panorama rock alternativo a stelle e strisce come l’American Recordings. A produrli nomi altrettanto di rilievo dello stesso panorama: Rick Rubin, George Drakoulias e Peter Buck dei R.E.M..

Se la creatura Jayhawks è stata partorita all’inizio da Gary Louris (chitarra/voci), Mark Olson (chitarra/voci) e dal bassista Marc Perlman e tenuta in vita attraverso gli anni soprattutto da Gary Louris orgogliosamente, man mano è stata rinvigorita dalla tastierista Karen Grutberg e dal batterista Tim O’Reagan, presenti anche in XOXO.

Se vogliamo poi raccontarla tutta, la band ha prodotto in passato filiazioni, di breve durata, come i Golden Smog (Louris e Perlman), più prolifiche come i Creekdippers di Mark Olson, l’artista rimasto più fedele al verbo country e folk delle origini del gruppo e ad una dimensione acustica. Gary Louris e compagni invece hanno imboccato nella loro discografia post-Olson sentieri decisamente più pop, mettendo a punto un rock colmo di squisiti spunti melodici, armonizzazioni vocali seducenti, che compositivamente si possono definire senza forzature “arty”. Un universo sonoro dove le primigenie fonti di ispirazione, (il folk e il country) appaiono solo a macchia di leopardo.

The Jayhawks.

Esattamente ciò che si riscontra in questo ultimo album, caratterizzato da una dimensione vocale corale e compositiva collegiale. Le suddette macchie di leopardo “roots” si possono riscontrare solo in Bitter Pill, Looking Up Your Number e nella pianistica Hypocrites Lament, una delle tre ottime bonus tracks del disco, in cui Marc Perlman ci regala una gustosa performance all’armonica. Dove la band invece spinge sull’acceleratore di un rock più vigoroso è in Little Victories. In Dogtown Days ci si accontenta di un gradevole power-pop, pop che torna ad essere country-oriented nella iniziale This Forgotten Town, song che inaugura XOXO con modalità davvero brillanti. Sonorità “british” nella quasi kinksiana Living In A Bubble. L’album raggiunge lo zenit in ballate lente e avvolgenti come Ruby, Down To The Farm o l’altra bonus tracks Jewel Of A Trimble, pianistica anch’essa. Qui la maturità espressiva e creativa della band si può quasi toccare con mano, sono elargite atmosfere e spleen delicati e cristallini. Across My Field conferma senza problemi questi concetti e sul resto del disco, anche forzando la mano non si riesce ad essere critici in senso negativo, tutto ottimo materiale. Molti gli ospiti, tra cui Stephen Mc Carthy (Long Ryders) alla chitarra e Pedal Steel.

Pasquale Boffoli