CAN
“Live In Paris 1973”
(Future Days Recordings / Mute Records, 2024)

Damo Suzuki è morto il 9 febbraio 2024 a 74 anni, proprio nei giorni precedenti in cui vedeva la luce Can Live In Paris 1973 il 23 febbraio 2024, uscito in doppio vinile, 2CD e in digitale edito da Future Days/Mute, la nuova etichetta creata da Spoon Records. La acclamata serie di registrazioni dal vivo dei CAN che contempla già Live In Stuttgart 1975 Live In Brighton 1975 Live In Cuxhaven 1976, continua con una performance presso l’Olympia di Parigi del 12 maggio 1973 dove Damo Suzuki compare alla voce. L’uscita di questo disco diventa simbolicamente una sorta di omaggio all’artista giapponese e, da parte nostra, un modo per salutarlo, visto che ne scriviamo in questi giorni. Sembra che la scrittura, a detta del professore Stefano Ferrari, illustre esperto di psicologia dell’arte, sia una sorta di meccanismo di rielaborazione del lutto: scrivere un diario, ma anche scrivere in generale, aiuta a superare un evento traumatico, il distacco da una persona, “la scrittura come riparazione” quindi. Certo che, in questi tempi difficili, una generazione di artisti, che abbiamo amato moltissimo, ci sta lasciando, creando un vuoto che difficilmente riusciremo a colmare, serve allora scriverne, parlarne, come si fa tra amici di vecchia data, nel tentativo di porre un argine a questa desolazione infinita che ci coglie, quando ci rendiamo conto che nessuno dei nostri eroi musicali vivrà per sempre.

Fondati alla fine degli anni ’60 a Colonia e sciolti poco più di un decennio dopo, la line up del gruppo era formata da Irmin Schmidt, piano e tastiere, musicista classico allievo di Karl Heinz Stockhausen insieme a Holger Czukay, bassista e fondatore del gruppo con Schmidt, a cui si aggiunsero il giovane chitarrista Michael Karoli e il batterista “monstre” Jaki Liebezeit. A completare l’ensemble, inizialmente il cantante Malcolm Mooney e poi l’improvvisatore e vocalist Damo Suzuki. Malcolm Mooney aveva già registrato Delay 1968 vero primo disco della band che venne pubblicato solo nel 1981, perché a detta del bassista Holger Czukay, nessuna casa discografica volle pubblicarlo al tempo e Monster Movie 1969 che sarà il loro primo album ufficiale. Mooney, che abbandonerà il gruppo per problemi di salute, comparirà in alcuni brani di una compilation, tra l’altro bellissima, come Soundtracks (1970) e in Rite Time del 1989 ultimo album in studio della band. La leggenda vuole che i Can, orfani del loro primo cantante, incontrarono casualmente Suzuki mentre suonava per strada a Monaco e, rimasti colpiti dal fascino dell’artista, lo arruolarono come vocalist anche se, diversi mesi dopo lo spettacolo di Parigi del 1973, la sua voglia di viaggiare lo riportò nuovamente sulla strada. Non vogliamo fare la cronistoria del gruppo, ma qualcosa va detta di questa incredibile band che ha aperto un varco nella musica di quegli anni, una crepa meravigliosa da cui è fuoriuscita lava incandescente che ci ha permesso di scorgere la potenza, il miracolo della “creazione senza compromessi”.

Questo nuovo album, Live In Paris 1973, ci offre la possibilità di osservare la band in una fase particolarmente importante della sua carriera, perché si inserisce nell’anno di pubblicazione di Future Days (1973), che andava a completare una triade di opere magnifiche con Tago Mago (1971) e Ege Bamyasi (1972) tutte realizzate con Damo Suzuki. Con questo disco abbiamo la percezione di come deve essere stato aver visto la band in concerto nel loro periodo migliore, possiamo sintonizzarci con una lunga esibizione del gruppo, tra groove ipnotici e trame strumentali d’avanguardia, cambiamenti ritmici e modulazioni, si possono sentire temi, riff e motivi familiari spuntare e incresparsi in queste jam improvvisate. Ad esempio, Vitamin C, dell’album Ege Bamyasi, è riconoscibile in Fünf, l’ultimo pezzo all’interno di queste session di improvvisazione che compongono un lavoro di un’ora e mezza in totale e che mette in risalto le incredibili capacità tecniche e creative dei Can.

Come anche nei precedenti live, le tracce del concerto di Parigi vengono indicate con una numerazione e la relativa durata del brano: Eins (36:27) Zwei (09:20) Drei (16:35) Vier (15:09) Fünf (13:46). Un disco assolutamente d’impatto, forte, senza paura, che mette in evidenza la straordinaria fiducia dei Can nel potere trasformativo e rigenerante della musica. Un disco sia rivelatore che incantatore, è una di quelle esperienze in cui dove, più ascolti più perdi la sensazione dello scorrere del tempo. In queste registrazioni live i Can arrivano a livelli ancora più estremi rispetto al loro lavoro in studio: questi album mettono in risalto un approccio totalmente diverso, che trova, nella libertà totale dell’improvvisazione, la strada maestra che li conduce verso il regno delle sfere celesti. Si può percepire la straordinaria telepatia musicale condivisa dai suoi membri, mescolata con una certa dose di stregoneria, che li fa apparire dei veri e propri titani, forze primordiali del cosmo. La registrazione di Live In Paris 1973 è stata possibile ancora una volta grazie ai preziosi nastri forniti dal fan Andrew Hall, presente con un registratore a molti concerti della band tedesca. Il materiale per questa pubblicazione, dopo un accurato restauro, è stato portato ai giorni nostri dall’unico membro del gruppo rimasto in vita, l’ottantasettenne Irmin Schmidt e dal produttore/ingegnere René Tinner che hanno compilato e montato tutti gli album in questa serie, che rappresenta un vero e proprio lascito testamentario per tutti i fan in giro per il mondo e segno indelebile di amore incondizionato per il proprio pubblico.

Andrea Masiero

 

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