AROOJ AFTAB
“Night Reign”
( Verve Records, 2024)

Dopo il tripudio dell’album Vulture Price (2021) che le valse l’encomio della critica e una canzone inserita nella compilation estiva di Barack Obama nel 2021, ecco Arooj Aftab affacciarsi al fatidico traguardo del quarto album. A rincarare la dose la vittoria del Grammy Award nel 2022, prima artista pakistana ad aver ricevuto l’ambito premio. Da lì la firma con la storica etichetta Verve e un album Love In Exile (2023) realizzato col supporto di Vijay Iyer e Shahzad Ismaily. La cifra stilistica dell’artista con Night Reign si amplia maggiormente. Se Vulture Prize vedeva solo un brano in inglese (Last Night) qui abbiamo una rivisitazione personale del classico Autumn Leaves oltre a Whiskey, uscito come secondo singolo e il brano Last Night Reprise, sempre la Last Night di cui sopra ma arrangiata in maniera differente e che si avvale del supporto di Cautious Clay e Kaki King.

La forza trainante del disco è un combo di musicisti che sostiene il sound, lo amplifica e gli dona maggiori sviluppi sonori, tra cui l’arpista Maeve Gilchrist e il bassista Petros Klampanis. Special guest Elvis Costello, grande ammiratore di Arooj, che suona il wurlitzer in Last Night Reprise. Le percussioni cominciano ad avere uno spazio importante grazie a Jamey Haddad che crea un groove ammaliante e mai banale. Per i neofiti, difficile incassellare Arooj Aftab in un genere. Fondamentalmente jazz, attitudine che Arooj ha scelto come musica profondamente resistente. Potrete trovarla su You Tube che vi consiglia un’opera di Max Roach descrivendone la sua importanza. Ma è anche innamorata da sempre del canto urdu che lei riproduce in maniera armoniosa nelle sue canzoni, affinché l’ascoltatore possa rimanerne colpito. Un esperimento che ricorda la nostra Daniela Pes.

Soprattutto in Night Reign l’artista crea un legame indissolubile fra tradizione e modernità, nella forma e nell’espressione. Canzoni come Na Gul e Saaqi sono ispirate alla poetessa urdu Mah Laqa Bai, cortigiana e letterata Urdu del XVIII secolo. E ancora Shamim Jaipuri, poeta mushaira citato in Zameen. Tradizione e modernità come l’uso di un pluglin AutoTune inserito nel brano Raat Ki Rani che rende più fluida la sua voce. Jazz, dicevamo, ma anche minimalismo e accenni soul (l’intro vocale di Raat Ki Rani ricorda maledettamente Sade), etnica e folk se volete. Questo disco presenta una consapevolezza di artista libera e gli elementi sono profondi ma mai eccessivi. Etereo e solido, profondo e leggero come l’anima di questa artista, attivista oltretutto, che riesce a creare sempre nuovi spunti mai banali. Entrate nel suo mondo, con discrezione, ve ne innamorerete.

“La notte è la mia più grande fonte di ispirazione.” (Arooj Aftab)

Beppe Ardito

 

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