PERE UBU
"Trouble On Big Beat Street"
(Cherry Red Records, 2023)

Quattro anni fa recensivo su Frastuoni webmagazine The Long Goodbye  il penultimo lavoro degli americani Pere Ubu e scrivevo che il loro leader di sempre David Thomas ne aveva parlato come – probabilmente – del testamento artistico, della pietra tombale sulla storia della band di Cleveland, Ohio. Così non è stato, o perlomeno un ciclo artistico si è chiuso ed uno nuovo è iniziato, ed eccoci qui a parlare di Trouble On Big Beat Street un nuovo disco in studio – il diciannovesimo se si escludono raccolte e live – degli inossidabili Pere Ubu, imprescindibili per chiunque, da profano, voglia conoscere e addentrarsi nella storia del rock new wave americano più sperimentale e innovativo dalla seconda metà degli anni ’70 dello scorso secolo ad oggi. L’attuale line-up dei risorti Pere Ubu comprende oltre all’imperituro David Thomas: Keith Moliné (guitar, electronics), Gagarin (electronics), Alex Ward (fiati, keyboards), Andy Diagram (tromba), Michele Temple (bass guitar), Jack Jones (drums). Restano sedimentati nella memoria di chi da tempo segue la band membri storici come Allen Ravenstine (tastiere e sassofono), Scott Krauss (batteria) e Tony Maimone (basso).

Ma veniamo a Trouble On Big Beat Street. Dieci brani che parlano chiaro e che solo in parte si discostano da quanto prodotto negli ultimi anni a nuovo millennio e secolo iniziati: il nuovo corso artistico della band è innanzitutto all’insegna di bordoni strumentali rock dai toni ossessivi, minimali e sperimentali più terreni e in un certo senso ortodossi del passato (Love Is Like Gravity, Crazy Horses, Moss Covered Boondoggle, Worried Man Blues), scagliati sulle sinapsi dell’ascoltatore dalle sghembe geometrie incrociate degli electronics di Gagarin, le corde di Keith Moliné, la trumpet di Andy Diagram, il sax di Alex Ward e la martellante sezione ritmica di Michele Temple e Jack Jones. Questo potrebbe di primo acchito indurre a pensare ad una “normalizzazione” armonica e concettuale della musica dei Pere Ubu, o di un loro riavvicinamento ad una canonica forma di song, quella che caratterizzò qualche sparuta opera degli anni ’90 e fine ’80 ma soprattutto con modalità fortemente espressioniste i loro primi due seminali lavori, Modern Dance (1978, Geffen Rec.) e Dub Housing (1978, Chrysalis Rec.): ci fermiamo qui perché già dal terzo lavoro in studio New Picnic Time (1979, Chrysalis Rec.) la band guidata dal corpulento David Thomas imboccò l’ardua direzione di un songbook ermetico, molto sperimentale e assolutamente non conciliante con il fine ultimo di una metodica distruzione/destrutturazione delle forme più ortodosse di song, armonia e melodia. Tendenza confermata dai successivi The Art Of Walking (1980, Rough Trade) e Song Of The Bailing Man (1982, Rough Trade).

L’apparente ritorno nel nuovo disco – cui accennavamo sopra – a sonorità più abbordabili è puntualmente e crudamente smentito in Crocodile Smile, Movie In My Head, Nyah Nyah Nyah, Let’s Pretende, Satan’s Hamster, Uh Oh dai puntuali interventi vocali anarchici, disarticolati ed ubriachi di David Thomas. Una politonale (mai metodica) sconcertante disperazione espressiva la sua, a cui non ci si abitua mai, ma ormai ampiamente sperimentata, a cominciare dai dischi del corso conclusosi negli anni 2000: St. Arkansas (2002), Why I Hate Women (2006), Lady From Shanghai (2013), Carnival Of Souls (2014), Years In A Montana Missile Silo (2017), The Long Goodbye (2019). Neanche il più appetibile impianto blues strumentale di Worried Man Blues si sottrae alla radicale etica artistica di David Thomas e dei suoi Pere Ubu nel 2023. Alla fine solo Crazy Horses si rivela – tutto sommato – episodio armonicamente più conciliante ed abbordabile in questo ennesimo stupefacente affresco astratto della band di Cleveland che a luglio e novembre 2023 suonerà per due date anche in Italia. Per il resto prendere o lasciare, nessuna via di mezzo: “there’s nothing in between, man”.

La versione del disco recensita è quella su vinile. Quella su CD prevede 7 pezzi in più: 76 BPMPidgin MusicNothin But A PimpSleepFrom AdamI Don’t Get ItGoodnight.

Pasquale Boffoli

 

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