VOID GENERATOR
"Supersound"
(Phonosphera, 2014)

Void GeneratorL’avventura sonica dei Void Generator prende il via nella capitale tricolore nell’ormai lontano 1996. Nel volgere di ben otto anni l’avvento della prima release discografica mediante un album autoprodotto dal titolo omonimo, bissata dopo un biennio da We Have Found The Space; mentre nel 2010 è la volta di Phantom Hell And Soar Angelic precedente di un anno l’EP Collision. Ed ora ecco Supersound; ci offre in pasto il quinto rilascio discografico del combo capitolino (che vanta inoltre con altre band, la partecipazione a ben quattro compilation) attualmente composto da Gianmarco Iantaffi (voce, chitarra elettrica), Sonia Caporossi (basso, chitarra acustica), Enrico Cosimi (sintetizzatore, effetti) e Marco Cenci (batteria), nonché un’ulteriore pregnante maturazione ciclica-evolutiva del loro sound. Testimoniata anche dalla lunghezza delle sette tracks che si dipanano nell’arco di quasi quarantadue minuti, scelta divergente rispetto agli oltre settanta minuti di cui constava Phantom Hell And Soar Angelic, articolati in quattro lunghe tracce.

L’impatto con l’opener Behind My Door mi trasporta piacevolmente in una dimensione musicale sospesa tra un avvolgente atmosfera fuzz-psychedelic e una “desert rock” Kyuss style. Le trascinanti, suadenti, fluide suggestioni soniche di Synapsex, nonostante si avvalgano di un fascinoso intermezzo tastieristico vintage, non possono fare a meno di rimembrarmi alcuni “episodi” targati Monster Magnet. Master Of Skies è la traccia più lunga dell’album (oltre nove minuti e mezzo); ipnotico, granitico, ossessivo affresco fuzz psichedelico di occult rock, mentre le oscure vibrazioni sonore, pregne di farfisa organ di What Are You Doin’, danno autorevolmente spazio a un illuminato remake in chiave garage–rock dell’omonimo brano dei McChurch Soundroom presente sull’album Delusion, unico parto discografico datato 1971 da parte di questa progressive rock band elvetica sconosciuta ai più. Il viaggio prosegue fieramente con Hidden Orbit; magica, oscura, blown mind, mistica spirale sonica. Inebriante, accattivante tracciato stoner-space-psychedelic; probabilmente la traccia del disco che mi ha avvinto maggiormente, seguita da Universal Winter, struggente happening all’insegna della psichedelia acustica. Ottimo ed appropriato epilogo dell’album sono gli avvolgenti, cadenzati cinque minuti in space-psych rock style di Globular Cluster, il cui trend sonoro si infrange in modo improvviso e sorprendente regalandoci un arrivederci vocale finale “targato” Void Generator. Si spera lo sia davvero, auspicandomi prossimamente da loro altri episodi discografici di spessore come Supersound.

Luciano De Crescenzo