MERRY GO ROUND
"S/T"
(Black Widow, 2015)

Merry Go RoundL’avvento della “giostra sonora” Merry Go Round (il nome della band tradotto dall’inglese in italiano significa per l’appunto “giostra” e la copertina stessa di questo full length d’esordio è costituita da un dipinto raffigurante una giostra, “immersa” in un climax visivo dalle sfumature fosche, fascinose e semi trasfigurate) pur avendo avuto il proprio start musicale a Pontedera (provincia di Pisa) appena tre anni addietro, vede le proprie radici sempre in terra toscana, nel bel mezzo degli eighties attraverso gli Storks gruppo garage punk oriented e ancora più prepotentemente negli Standarte band hard prog rock costituitasi sul finire degli anni ’80 estremamente devota a determinate sonorità in “seventies style” (tre gli episodi discografici e di notevole fattura dispiegati tra il 1996 e il 1999). Assi portanti degli Storks prima e in seguito degli Standarte furono il tastierista Michele Profeti (in questo nuovo disco si “districa” mirabilmente alle prese con la sua strumentazione analogica: Organo Hammond, Mellotron e Moog) e il bassista Stefano Gabbani; i due ora si ripropongono autorevolmente al proscenio musicale con questo nuovo progetto, accompagnati nell’avventura dalla vocalist Martina Vivaldi, Renzo Belli e Sandro Vitolo alle chitarre elettriche e Sandro Maccheroni alla batteria. Circa 58 minuti di musica prendono vita nello spazio di undici tracce (da menzionare come l’ultima, Friday The 13th, cover di un brano degli Atomic Rooster, con l’annessa ghost-track a sorpresa Theme Nr. 6 pregna di visionaria effervescenza vintage, sia presente solo nella versione CD). L’opener del disco è Dora’s Dream fascinosa, coinvolgente, bruciante, esuberante cavalcata sonora all’insegna di un hard rock progressivo, di chiara matrice “seventies”, pregno di atmosfere psichedeliche, ricco di organo hammond e illuminato dai maestosi vocals di una Martina Vivaldi incredibilmente “fluttuante” tra mostri sacri come Janis Joplin, Grace Slick e Julie Driscoll. Quasi sulla stessa falsa riga si snodano autorevolmente le luminose elucubrazioni soniche vintage style di After e la successiva Autumn’s Days che oltre ai “magici” anni ’70 (costante del disco) mi riporta piacevolmente ai sopracitati Standarte (emblematico è che Merry Go Round avrebbe dovuto essere il titolo del quarto album degli stessi Standarte, purtroppo mai realizzato). Gli oltre quattro minuti di Poison Ivy mi catapultano di colpo in una soave e inebriante atmosfera “flower power” fine anni ’70; ed ecco emergere Free Ride rovente e brumosa cover dei Wildwood, band a stelle strisce autrice di due ottimi 45 giri tra il 1968 e il 1970. Sonorità rock progressive, datate e ricche di organo hammond troneggiano insieme alla possente ugola della singer ancora in modo avvolgente e convincente nei quasi sei minuti regalati da Changeling, come il seducente fascino emanato dalle note di To Die Of Fear mi riporta ad “antiche”, emozionanti, evocative e penetranti atmosfere alla Brian Auger & The Trinity; seguito è il remake di Indian Rope Man, brano ultra coverizzato, edito originariamente nel 1969, opera “immortale” del chitarrista afroamericano Richie Havens. Con A Search Of Lost Time, potente, selvaggia, apocalittica traccia di retrò rock, l’ugola della Vivaldi vive probabilmente il proprio zenit, quindi ascoltando Mesmerized Worlds riaffiora nella mia mente il “fantasma” degli albionici Quatermass; diedero alle stampe un unico, ottimo di hard rock progressivo nel lontano 1970, mentre l’epilogo del compact è costituito dalla sopraccitata e “variopinta” bonus track “marcata” Atomic Rooster. Impeccabile, personale e significativo amarcord sonoro dei “tempi che furono”; senza dubbio gustoso pane per i denti di chi ha amato gli Standarte e dei cultori di determinate sonorità.

Luciano De Crescenzo