SUICIDE
Incubi metropolitani dalla Grande Mela

Suicide 2La New York anni ’70, post Velvet Underground, post Warhol, rappresenta l’ideale punto d’incontro tra arte e musica. Ai salotti glamour si contrappone però un’urbanizzazione selvaggia, opprimente ed alienante. Ed a voler cercare uno specchio sintomatico di questa condizione, è facile trovarlo nel gruppo che rappresenta meglio il riflesso di questa angoscia urbana, i Suicide.

Vega/Rev – Suicide … un binomio maledetto

Suicide LPI musicisti che compongono l’ensemble in realtà sono soltanto due: uno sbandato rocker, Alan Vega ed un allucinato tastierista proveniente dagli ambienti free-jazz, Martin Rev. Attraverso il blues identificato come il “suono di New York City” e che per molti gruppi significa l’avvio di ogni avventura sonora, i Suicide compongono e decostruiscono il loro originale sound malato, spettrale, apocalittico dove le tematiche dei testi che annunciano stagioni di morte, completano, delineano e descrivono al meglio la direzione scelta dal duo. Irrompendo nelle gallerie d’arte di Brooklyn, città che ha dato i natali a Vega, Manatthan, Soho, fino alle esibizioni in luoghi “cult” quali il club Max Kansas City ed il CBGB’s, nel 1977 avviene il loro esordio discografico con un omonimo album pubblicato dalla Red Star di martin Thau, ex manager dei New York Dolls. Un album breve, composto da sette canzoni; titoli memorabili, ossessione eroinomane in primo piano, deliri individuali e collettivi che denunciano l’atrofizzarsi delle mente umana. Il brano dell’album che riproduce meglio questa condizione e che darà più risalto al fenomeno Suicide è sicuramente Frankie Teardrop. Un brano devastante, allucinante, come tutto il resto dell’album d’altronde. Le ondate di rumori/suoni elettronici provenienti dal synth di Rev ed il canto recitato di Vega, imprimono un andamento onirico ed ipnotico dove l’ascoltatore non può fare a meno di essere trascinato in uno stato di trance senza via d’uscita. L’attitudine punk unita ad un qualcosa di musicalmente nuovo, sicuramente avanti con i tempi, rappresenta in pieno l’esplosione della new wave. Ma questo inizio a livello discografico coincide però con la fine del gruppo. Dopo un secondo album dal titolo Alan Vega Martin Rev edito dalla Ze Records nel 1980, ben lontano dal suono spettrale ed apocalittico degli esordi, termina il tra Vega e Rev.

Suicide 3Alan Vega … storie di un cowboy metropolitano

Vega, musicalmente risulta essere ben attivo. L’amore mai negato per Elvis Presley ed il R’N’R dei ’50 lo porterà ad incidere prima di una scialba reunion a nome Suicide datata 1989, ben quattro album da solista. Nel primo omonimo album e nel secondo Collision Drive, Vega rilegge, in chiave anni ’80, rockabilly, rhythm and blues e country western. Nonostante l’ottima fattura i due lavori saranno però un fallimento commerciale. La stella Vega comincia pian piano a spegnersi anche se in realtà il suo inequivocabile stile non sarà mai al capolinea.

Il sound dei Suicide influenzerà molte band a venire. Due album tributo delle loro canzoni, varie collaborazioni ed esecuzioni micidiali legate ad un suono elettronico moderno figlio del nuovo millennio ed il solo fatto di non essersi mai svenduti alle major, porteranno Vega nell’invidiabile posizione, condivisa con Rev, di aver scritto una delle più belle e fondamentali pagine del rock.

Luca Sponzilli