THE PSYCHEDELIC FURS
"Made Of Rain"
(Cooking Vinyl, 2020)

THE PSYCHEDELIC FURS: A MINISTORY

Fu un esordio col botto in quel 1980, esattamente quarant’anni fa, l’omonimo indimenticabile The Psychedelic Furs, prodotto con mano sapiente da Steve Lillywhite. Un suono denso e magmatico quello degli inglesi al loro debutto che marchiò a fuoco, proprio in quel fatidico 1980, una primavera new wave che annunciava al mondo i vagiti discografici di band importanti come, giusto per fare qualche nome, Echo & The Bunnymen, Bauhaus, Teardrop Explodes.
Il sestetto dei Psychedelic Furs in brani epocali come India, Sister Europe, We Love You, Blacks/Radio, Imitation Of Christ, conservava ancora l’urgenza e la mancanza di orpelli che avevano consacrato il punk rock poco prima, ma allo stesso tempo quel loro suono così carismatico ed avvolgente recava indelebili le stigmate della decadente stagione glam rock britannica che aveva preceduto il punk nella prima metà degli anni ’70. Si parla di quella dei Roxy Music e di David Bowie.

A plasmare il mood dei Psychedelic Furs un cantante/songwriter Richard Butler (Butler Rep), dal timbro (quella voce!) roco e pastoso, nulla da invidiare ai vari contemporanei Peter Murphy, Ian McCulloch, Julian Cope. Due chitarristi (Roger Morris e John Ashton) capaci di fondere nelle loro corde un flusso unico di suggestiva lava lisergica. Una sezione ritmica (Tim Butler al basso, Vince Ely alla batteria, ipnotica e martellante, infine il sax di Duncan Kilburn, vero tratto inconfondibile) ad apportare al sound spazialità inusuali e morbose. Nulla di particolarmente innovativo in quel pur seminale debutto delle “Pelliccie Psichedeliche” (nome altamente suggestivo) quanto un mix fascinoso e compresso di sonorità pregresse sposato all’espressività decadente e contagiosa di un vocalist che avrebbe fatto scuola.

È ancora Steve Lillywhite a siglare la sontuosa produzione del lavoro successivo Talk Talk Talk del 1981 sempre su CBS: una splendida conferma delle intuizioni e della sintesi sonora lussureggiante messe a punto in studio appena un anno prima. È nuovamente capolavoro attraverso un suono più pulito, rifinito, ma ugualmente e profondamente lisergico: Dumb Waiters, Pretty In Pink, All Of This And Nothing, I Wanna Sleep With You, Into You Like A Train, episodi ricchi di atmosfere sfaccettate e vivide policromie sonore, sprigionano un’energia carismatica che si eleva a picchi altissimi. Il tris perfetto in studio è completato poco tempo dopo, nel 1982, da Forever Now, prodotto dall’americano Todd Rundgren: pur contenendo brani pregevoli quali Love My Way e President Gas si ferma fatalmente ad un gradino inferiore come ispirazione e risultato finale rispetto ai primi due lavori.

Gli anni ’80 della band si arricchiscono di altre prove quali Mirror Moves (1984) e Midnight To Midnight (1987), che come spesso succede nel caso di esordi tanto clamorosi, si attestano fisiologicamente su livelli pop e mainstream parecchio più bassi della scala qualitativa espressa in precedenza. Book Of Days (1989) e World Outside (1991) invece, tra fine decennio e inizio nuovo, narrano di un ritorno di ispirazione e di una ripresa del mood degli esordi che riscaldano il cuore. Ma l’inquieto Richard Butler rompe le righe, attraversa l’oceano e fonda con il fratello Tim i Love Spit Love, che vanteranno al loro attivo un omonimo debutto (1994) e Trysome Eatone (1997). Ancora insoddisfatto inciderà nel terzo millennio un esordio discografico solista a suo nome (2006). Tutti lavori con la loro dignità.

MADE OF RAIN

È un piccolo avvenimento che ben 29 anni dopo l’ultimo disco in studio i fratelli Butler abbiano voluto rispolverare con questo nuovo Made Of Rain la pregiata sigla Psychedelic Furs in compagnia di nuovi musicisti molto ben rodati, soprattutto live: Rich Good (chitarre), Paul Garisto (batteria), Amanda Kramer (tastiere) e, a fare le veci del vecchio Duncan Kilburn al sax, Mars Williams, in realtà più che bene, tutti dimostrano un notevole affiatamento strumentale ed esecutivo.

Alla produzione Richard e Tim Butler hanno voluto un nome ben collaudato da loro in tutti questi anni, Richard Fortus. La prima considerazione che ci suggerisce l’ascolto di queste nuove 12 tracce a quasi tre decenni di distanza da Word Outside (1991), è che abbiano fatto tutti un buon lavoro, ottimo nel caso di alcuni brani, e che non siamo alle prese con una riesumazione artistica sterile motivata da tutt’altre ragioni che non siano incidere della musica ancora di buona qualità e dignitosa.

Certo, brani sontuosi e dilatati come The Boy That Invented Rock’n’Roll (titolo che è tutto un programma), Don’t Believe, Stars, No-One (i più coinvolgenti, appassionati ed ispirati) non fanno altro che codificare e standardizzare in modalità perentorie un suono e uno spleen che i fratelli Butler hanno inventato quarant’anni fa, ma non si sente puzza di riciclaggio stantio, fine a se stesso: c’è orgoglio artistico dopo tanti anni in queste mature sonorità e voglia di emozionare l’ascoltatore, prima di tutto attraverso l’immutato carisma vocale e interpretativo del frontman, che alla bella età di 64 anni continua ad affascinare senza perdere un colpo. A prescindere, il lavoro strumentale dei nuovi Psychedelic Furs non fa una grinza, una profondità di esecuzione che poco fa rimpiangere i vecchi membri, anche per intensità. Non delude neanche la scrittura del disco: un lotto di splendide ballate (You’ll Be Mine, Tiny Hands, Hide The Medicine, This’ll Never Be Like Love) conferisce a Made Of Rain lo status di un disco pieno di fascino ed antichi chiaroscuri sonori.

Poi esistono anche fantasmi ed ectoplasmi annegati in un incontrollabile memoria musicale, e così Made Of Rain può funzionare e suonare anche a tratti come una sorta di Bignami new wave e del pop più altamente qualitativo di sprazzi ambient ed elettronici dei decenni che si sono estinti: Wrong Train può rievocare quella seminale Heroes che nel 1977 David Bowie immortalò nella storia del rock, Ash Wednesday lavora per riportare perfidamente alle sinapsi Life’s What You Make It, uno dei momenti più emozionanti della saga Talk Talk (1986). No-One infine ristagna quasi nella stessa morbosa placenta emotiva dei Cure di Disintegration (1989). Made Of Rain è un lavoro che piacevolmente conferma le aspettative più rosee, restituendo una band che riesce ancora ad emozionare.

Pasquale Boffoli