BLITZKRIEG BABY
Genocidal Sextasy
(Autoprodotto, 2020)

L’oscurità è servita e il periodo che stiamo vivendo ne è testimone. Qualcuno dichiarava “music to play in the dark” e, in questo caso, la frase calza a pennello. Parlo dell’ultimo disco dei norvegesi Blitzkrieg Baby, Genocidal Sextasy, del tutto autoprodotto, e che precede le ultime due produzioni discografiche, il singolo Violence, uscito i primi del mese e l’EP 4 traccie Remixed, edito nel luglio di quest’anno. Dall’inizio degli anni 2000, l’artista di Oslo, Kim Sølve, ha sviluppato il suo progetto musicale come un’esplorazione sull’arroganza e sull’insensibilità umana in un confronto catartico con la paura esistenziale del XXI secolo, e ne sono un lampante esempio gli album Porcus Norvegicus e Kid’s Word. Radicati nel loro tonfo sequenziale di matrice EBM, nel culto della morte e del disagio ambientale post industriale, Sølve & co. (Bjeima, The Right Reverend Mr.B, Aymeric Thomas e Frederic Arbor) creano tracce ritmiche capaci di rispecchiare il suono di una danza dei morti, che rivendicano a gran voce una riconciliazione con madre natura. Tutto ha un significato ed una ben precisa ispirazione nelle 11 tracce del disco, dal rigore militaristico in stile Laibach/Death In June fino alla teatralità di Alice Cooper. Per comprendere cosa rappresenta l’anima apocalittica della band, basta l’ascolto del brano World On Fire, tratto dalla Compilation 19 Beläten — En Sommar Av Plåga, una perla per gli amanti del genere dark ambient/folk industrial più distopico, influenzato da intricate venature EBM.

Il disco si apre con la traccia Open Season For Homo Sapiens, un intro dai toni horror, passando per gli oscuri presagi di Kill Them All e One By One; degne di attenzione sono anche Just Another Throat To Slit e Genocidal Sextasy, espressione della migliore tradizione Coil, tra sperimentalismo sonoro e glacialità elettroniche. Nulla è lasciato al caso, tanto meno la maschera di maiale allegata alle prime copie dell’edizione in vinile.

Miriam Ranieri