RED MISHIMA
 
“S/T”
 
(Swiss Dark Nights, 2020)

Esordio su disco per i Red Mishima, band proveniente da Bologna ed attiva nel panorama musicale indipendente italiano dal 2015. Questa “fenice” dopo aver trovato un assestamento nella formazione ora composta da cinque elementi, Corinna Barchetta (voce), Stefano Sissa (chitarra), Stefano Menghini (basso), Chiara Tossici (tastiere, synth) ed Antonio Altini (batteria), licenzia via Swiss Dark Nights un omonimo album composto da nove canzoni che riflettono l’atto d’amore da parte del gruppo verso la prima new wave britannica. Di loro si faceva già un gran parlare tant’è che l’uscita era annunciata da tempo ed il ritardo è stato dovuto soltanto all’indole atavica e perfezionista dei musicisti; questo lavoro è ricco di suggestioni che dimostrano una coerenza di stile perseguita con grande dedizione. La linearità dei brani porta ad un ascolto continuo che diventa quasi una performance e non è un caso che la presentazione dello stesso sia avvenuta in occasione di un concerto tenutosi proprio nel capoluogo emiliano. Il lungo intro di Oblivion apre l’eponymus per poi sfociare in impeti che colorano il cielo di rosso scarlatto; Tomorrow’s Death fa da preludio all’eleganza della voce di Corinna, tra Anne Marie Hurst e Anja Huwe, in Marion e These Shadows Remain. La quiete immaginaria di Beyond The Mirror nasconde demoni deliziosi che si manifestano in Seppuku Of Love dove tra le frasi del testo si può cogliere un senso di amarezza e delusione. In Vampires e Crystal Forest un bagliore di luce filtra tra spazi no-edge dove emergono le intensità degli strumenti e del cantato; espressioni che non impiegano tempo a culminare in … Escape, vulnerabile finale che chiude i 51 minuti dell’albo debitore degli “Amanti e Giganti Tristi”. Il non facile discorso tra angoscia esistenziale e pathos espressivo è rielaborato in maniera tale che l’ascoltatore non perda l’elemento emozionale; la chitarra di Sissa densa di umori tesi e lampi elettrici trasporta elegantemente in simultanee movenze prive di timori e dai tratti psichedelici. I colori chiaroscurali delineano ulteriormente questa produzione su cui aleggiano in fase di registrazione le capacità dell’etichetta svizzera di Valerio Lovecchio. E su questa menzione voglio concludere la recensione; la Swiss Dark Nights nel tentativo di costruire dal passato una direzione parallela fatta di nuova creatività è riuscita in parole povere a ridare nuovamente dignità ad un genere “paradossalmente” sottratto negli ultimi tempi della sua malinconia epico-romantica, ovvero la dark-wave nella forma più classica. Ed al di là dei meriti l’attenzione verso queste uscite deve essere più che un atto dovuto e d’amore.

Luca Sponzilli