FLEET FOXES
"Shore"
(Anti, 2021)

Esce in febbraio 2021 su supporti fisici (CD, vinile) su Anti Records Shore, il quarto lavoro degli americani Fleet Foxes da Seattle (stato di Washington), già in circolazione in streaming da settembre 2020. la band, capitanata dal sopraffino cantante/compositore Robin Pecknold, è operativa dal 2006, anno in cui uscirono i suoi primi EP su Sub Pop Records, stessa etichetta per cui furono pubblicati il primo omonimo album, Fleet Foxes, nel 2008, ed Helplessness Blues nel 2011. Crack-Up vede la luce molto più tardi, nel 2017.

Dici Seattle e Sub pop Records e pensi soprattutto a Jimi Hendrix, Nirvana, punk e grunge rock, ma niente è così lontano da questi referenti quanto la musica e l’universo espressivo dei Fleet Foxes. Infatti sia dal suo magnifico debutto del 2008, che fece gridare al miracolo la critica musicale internazionale, il combo di Robin Pecknold rivelò un carisma estrinsecato fondamentalmente sul fascino di bellissime melodie, seduttive armonie, cori quasi mistici, paesaggi sonori estatici e riflessivi.

In sostanza esattamente il contrario dell’esasperazione vocale, delle chitarre aggressive punk e grunge che hanno fatto la storia della Sub Pop Records e quella della città di Seattle, un caso di eccezione artistica più unica che rara.

Shore non solo conferma pesantemente un’estetica musicale quasi west-coast di ispirazione californiana solare ed armoniosa, ma rivela in più occasioni (ancora una volta) influenze ed ascendenza di band storiche, fondamentali quasi Crosby-Still-Nash e Beach Boys (Quiet Air/Gioia, A Long Way Past The Past, Can I Believe You, Young Man’s Game).

Si aggiungano la splendida cantabilità di Maestranza e Feather Weight, due brani che ammaliano per le loro melodie intriganti, il fascino quieto e mistico della title-track, la lenta Shore, la ricchezza di strumentazione ed orchestrazione (pianoforte, archi, fiati) in episodi come Jara, Thymia, Cradling Mother, Cradling Woman, mutevoli ed “in viaggio” come il terzo qui citato. Sembrerà paradossale per una band “alternative” a tutti gli effetti come i Feet Foxes, ma in qualche occasione (For A Week Or Two, Going To The Sun Road) il loro mood ed il vocalismo di Robin Pecknold, conducono i sensi dalle parti di quel (a volta) tanto vituperato progressive di Jon Anderson e dei suoi yes.

E ancora: avvolgenti ballate acustico-elettriche quali I’m Not My Season, Sunblind, Wading In Waist-High Water, straripanti di armonie oniriche, come del resto un po’ tutto il lavoro. Un album proiettato nella bellezza di un cielo azzurro e terso. Dal fluido, interrotto splendore della sua ispirazione. Una “riva” sulla quale approdare placidamente e sostare quasi un’ora (15 brani), per godere di una preziosa – di questi tempi – estasi sonora.

Pasquale Boffoli