TOTAL FUCKING GODHEAD
“La biografia di Chris Cornell”
di Corbin Reiff
(ll Castello Edizioni, 2022)

Total Fucking Godhead che potremmo tradurre in “Una cazzo di divinità”, era la frase, declinata al plurale, con la quale i fan dei SoundGarden si riferivano alla band di Seattle. Corbin Reiff titola così la sua biografia di Chris Cornell, compianto ed inarrivabile cantante e musicista rock, animatore della scena grunge anni ’90 agli esordi e stimato ed apprezzato rocker negli anni successivi.

Corbin è giornalista musicale per Rolling Stone, Washington Post e Seattle Times. Il volume in Italia è edito su collana Chinaski da Il Castello Edizioni. Per la stesura del libro l’autore si è trasferito a Seattle e si è completamente immerso in una fitta e lunga ricerca di tutto il materiale esistente su Chris Cornell. Ha letto migliaia di interviste rilasciate da lui, dai compagni di band e da chiunque abbia avuto a che fare con lui personalmente e professionalmente. Ha visionato ed ascoltato centinaia di registrazioni video e radiofoniche che lo riguardavano. Ha passato al setaccio ogni piccolo dettaglio della vita dell’artista oggetto del suo racconto. Naturalmente per quanto meritevole il lavoro sia stato, il risultato finale risente della mancanza del contributo personale che avrebbe potuto dare Cornell stesso, se fosse ancora in vita e se mai fosse stato disponibile ad autorizzare la biografia. L’autore ci guida in una lunga, estrema ed estenuante corsa, lungo tutta la vita di Cornell, percorrendo la sua giovinezza, gli esordi come batterista, la nascita e la parabola dei SoundGarden e la carriera solista, passando per il progetto Audioslave. In quasi 400 pagine racchiude tutta la storia personale e musicale del geniale rocker, fino alla sua triste conclusione.

Il libro parte dalla adolescenza di un giovane Christopher dedito a trascorrere le giornate tra atti di teppismo giovanile, ubriacature e primi esperienze con le droghe, il tutto contornato dalla presenza di un padre alcolizzato e violento. Si susseguono i racconti di diversi episodi di formazione e crescita, fondamentali per la sua maturazione musicale, primo fra tutti la scoperta e l’ascolto di tutta la discografia dei Beatles. Molti i capitoli dedicati alla nascita dei SoundGarden, ai loro esordi discografici su SubPop e al passaggio sulla major A&M, al boom di vendite, ai concerti in giro per il mondo. Molte le pagine dedicate alle modalità di lavoro in studio, alle soluzioni di registrazione adottate, alle tecniche di stesura dei brani. Inevitabilmente numerosi anche i paragrafi dedicati alle tragiche morti che hanno costellato il periodo, a cominciare da quella dell’amico cantante Andrew Wood leader della band di Seattle Mother Love Bone, passando per quella di Kurt Cobain e finendo con quella di Laney Staley degli Alice In Chains.

Un capitolo a sé è dedicato al periodo AudioSlave, progetto nato proprio in concomitanza con la morte di Staley e che, per quel lutto, stava per naufragare. Cornell stava passando il suo periodo peggiore a causa delle dipendenze in cui era pesantemente caduto e la sua salute fisica e mentale preoccupava fortemente i 3/4 dei Rage Against The Machine che formavano con lui la superband che stava per nascere. Le pagine che descrivono quei giorni sono le più tristi eppure la cosa che più risalta è che Cornell decise di curarsi non per se stesso ma per non far soffrire chi teneva a lui e questo la dice lunga sul suo animo, come quella volta che telefonò ad un suo fan che aveva perso la figlioletta malata e poi incise una canzone per lui.

La sottile vena malinconica e solitaria di Cornell non è esplicitamente ritratta ma emerge prepotente da tutte le pagine. Un nodo alla gola ti attanaglia, una stretta al cuore ti assale inconsapevolmente in ogni passaggio del libro, anche in quei paragrafi che parlano di momenti di gioia, svago e risate, una nube cupa è sempre pronta ad offuscare la luce della nostra fottuta divinità del rock. Non a caso il volume si apre con una prefazione dal titolo “I’m looking California and feeling Minnesota” cioè “Sembro la California e mi sento il Minnesota” frase contenuta nel brano Outshined, che rimarca la dicotomia esistenziale tra il sentirsi splendenti fuori ma aver un freddo dentro, una inquietudine dello spirito, una oscurità nell’anima.

Non è l’ennesima biografia di una star del rock che tratta di ascese all’olimpo del successo e cadute nell’oblio della depressione. Ciò che emerge dal libro invece, è che Chris Cornell era diverso, lui era lontano dagli eccessi dello showbiz, era cresciuto col punk che disdegnava il glamour, era talentuoso ma semplice al contempo, era un’anima gentile, era serio e rispettoso, ma dotato di una intelligente ironia ed incline al divertimento, mai arrogante nonostante avesse tutte le ragioni per esserlo. Forse è stata proprio questa la sua debolezza, l’eccessiva sensibilità, la costante ricerca di empatia col prossimo, l’essere nato in un mondo duro e crudele che non lascia spazio alla gentilezza, alla purezza. Aldilà della corposa eredità musicale, il suo lascito più apprezzato dai fan è il suo essere stato una star pur avendo conservato la sua umanità. Tutti coloro che son cresciuti a pane e SoundGarden negli anni ’90 sono rimasti annichiliti il giorno della sua morte, increduli nel rendersi conto di aver perso più di un idolo, più di un’icona. Per molti è stato come aver perso un amico, un fratello maggiore. Nonostante i presagi nessuno poteva aspettarsi un finale così e questo ha reso ancor più triste la sua scomparsa. Anche nel suo ultimo e tragico gesto è riuscito ad unire chi lo amava in un unico grande abbraccio fraterno. Per soffrire meno potremmo fingere ed interpretare la sua morte come un martirio, a salvezza di tutte le anime del rock&roll. Chris in posa da Gesù Cristo è morto per la salvezza dei suoi fan. Christopher John Boyle Cornell è stato la voce di una generazione e lo resterà per sempre, nessuno canta più come te … “no one sings like you anymore”.

Nino Colaianni