THE CULT + The Damn Truth
(Pordenone Blues Festival, 1 luglio 2023)

Si presenta all’insegna del maltempo il concerto dei Cult al Pordenone Blues Festival presso il Parco San Valentino, location molto suggestiva, ma sprovvista di riparo per gli ormai attempati fan, accorsi da mezza Italia per ascoltare la storica band inglese che non ha certo bisogno di presentazioni. Reduci dal Medimex festival di Taranto, i Cult chiudono il tour italiano con la data di Pordenone, identiche le scalette dei due concerti.

The Damn Truth

L’apertura della serata è affidata ai The Damn Truth un gruppo di giovani canadesi che hanno appena pubblicato il loro terzo album in studio Now Or Nowhere prodotto dal leggendario Bob Rock già vincitore di Grammy Award e distribuiti in patria dalla major Warner Music. Il loro singolo This Is Who We Are Now sta spopolando anche in Inghilterra, è probabile quindi che ne sentiremo ancora parlare. Il concerto inizia sotto la pioggia con un omaggio a Grace Slick dei Jefferson Airplane e biglietto da visita della scatenata cantante e chitarrista Lee-La Baum che durante lo show più volte riecheggia lo stile della musa di San Francisco. Un sound quello dei Damn Truth che affonda le radici nel territorio delle band della West Coast per contaminarsi con elementi musicali più recenti di alternative rock. Purtroppo il concerto è martoriato da una serie di problemi tecnici che fanno saltare più volte le casse audio mettendo un po’ in crisi il feeling che si era creato con un pubblico comunque generoso, che ha continuato ad applaudire imperterrito sotto la pioggia fino alla fine.

The Cult

Dopo l’esibizione dei The Damn Truth e il cambio strumenti, il palco viene inondato di Palo Santo, un incenso sudamericano in forma di bastoncini di legno, che emana un gradevole profumo ed un fumo intenso. Viene utilizzato per la purificazione, bruciarlo è un rituale sacro per scacciare le energie negative. Nella tradizione originaria veniva usato durante le cerimonie sciamaniche per creare ponti spirituali con l’aldilà. Nell’oscurità della notte immerso in una coltre intensa di fumo si staglia la figura “all dressed in black” del curanderos Ian Astbury che benedice la folla urlante degli adepti al Death Cult. Il concerto parte con Rise pezzo da Beyond Good And Evil del 2001, Sun King perla del passato remoto da Sonic Temple del 1989, King Contrary Man da Electric del 1987, dove appare chiaro che il ragazzo a suo tempo ha venduto l’anima al diavolo. Sweet Soul Sister ancora da Sonic Temple, The Witch dall’album Cool World del 1992, Lil Devil dove il diavolo appare ancora come un’entità a cui fare riferimento ed Aphrodisiac Jacket entrambe da Electric. Billy Duffy se ne sta a lato del palco, interagisce con il pubblico e macina assoli con le sue chitarre, l’intesa con Ian e il resto del gruppo è perfetta.

Qualche problema di audio e un relativo cambio di microfono migliorano la qualità del suono, la seconda parte del concerto parte in salita con Vendetta X dall’ultimo album del 2022 Under The Midnight Sun (recensito dal sottoscritto su Frastuoni): è un brano bellissimo in bilico tra passato e futuro dove i fantasmi interiori combattono per amore e odio con qualsiasi arma in cerca di vendetta. Phoenix riporta le lancette del tempo al 1985 con l’album Love, dove baciati dalle labbra del dio sole egizio Ra che governa il cielo, la terra e l’oltretomba, bruciamo tra il calore dei suoi raggi. Wild Flower ancora da Electric ci regala un fiore selvatico … “la cosa più bella, ti amo ogni ora, sono pazzo di te ragazza”. Mirror ci riporta al clima introspettivo di Under The Midnight Sun dove l’amore è la soluzione finale contro i riflessi allucinati di uno specchio che rimanda sempre la stessa immagine. Dall’album Dreamtime del 1984 arriva Spirit Walker lo spirito camminatore cupo e magnetico, un riferimento allo sciamanesimo che ci introduce al gran finale del concerto. Rain riporta la pioggia sulle teste dei presenti: “… oh ecco che arriva la pioggia, amo la pioggia, beh io amo la pioggia”. She Sells Sanctuary dello stesso disco Love chiude il concerto dei Cult, i bis sono ripescati ancora da Electric: Peace Dog e l’incredibile Love Removal Machine. Una scenografia scarna ridotta all’osso, il palco come luogo di cerimonia per esaltare la potenza della musica, un filo rosso lega le canzoni l’una all’altra, il messaggio è chiaro: nonostante le difficoltà delle nostre anime tormentate l’amore vince su tutto.

La band presentata sul palco è formata dal batterista italo americano John Tempesta, dal losangelino Damon Fox alle tastiere, dall’australiano Grant Fritzpatrick al basso, oltre all’immenso “Billy” William Henry Duffy alla chitarra che firma tutte le canzoni con il compagno di una vita Ian Robert Astbury.
75 minuti di musica dove condensare quasi quarant’anni di carriera e 11 dischi in studio sembrano un po’ pochi per i fan elettrizzati e benedetti dalla musica dei Cult. Qualcuno reclama Revolution, altri vorrebbero un lento alla Edie (Ciao Baby), ma niente da fare: lo sciamano Ian Astbury si spoglia dalle vesti sacre, lancia un tamburello al pubblico e saluta tutti. Sarà per un’altra volta.

Andrea Masiero

 

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