CAT POWER
“Cat Power Sings Dylan: The 1966 Royal Albert Hall Concert”
(Domino Records, 2023)

Affermare che Chan Marshall/Cat Power sia una fan sfegatata di Bob Dylan è un eufemismo. Il menestrello di Duluth è da sempre stato uno dei suoi artisti preferiti ed ha reinterpretato le sue canzoni su The Covers Record e Jukebox, che includeva anche Song To Bobby, una sorta di tributo scritto prima di incontrare il suo eroe per la prima volta. Ma come fa un artista a rendere omaggio ad una delle più grandi star del mondo? Anche se è facile scrivere canzoni ispirate ai propri idoli, è una questione completamente diversa prendere quelle tracce che ti hanno ispirato sin dall’infanzia e trasformarle in qualcosa di nuovo per un’altra generazione. Sebbene Bob Dylan possa avere al suo attivo alcune delle canzoni più venerate della storia, Cat Power ha trovato il modo di reinterpretare il suo materiale per il suo ultimo album dal vivo. In Cat Power Sings Dylan: The 1966 Royal Albert Hall Concert, uscito il 10 novembre 2023, porta, senza alcuna esitazione, la sua ammirazione ad un livello superiore ricreando una delle sue performance più storiche ed intense.

Il giorno dopo aver pubblicato Blonde On Blonde, Bob Dylan, accompagnato dalla futura The Band, suonò alla Manchester Free Trade Hall (un bootleg etichettato erroneamente ricordava che lo spettacolo si svolgeva alla Royal Albert Hall). La furia che durante lo spettacolo si irradiava tra i puristi folk presenti nel pubblico, quando a metà del set passò improvvisamente ad un ruggente rock, non fece altro che aumentare la sensazione che la storia della musica, in quella magica stagione in divenire, fosse giunta ad un punto cruciale. Nel suo insieme, il lavoro di Chan Marshall condivide uno spirito errante simile ai suoi viaggi dal rock sperimentale al folk, al soul, ai suoni elettronici e che ha presentato in più di un’occasione nei suoi spettacoli. Tuttavia, la sua performance quasi perfetta in Cat Power Sings Dylan: The 1966 Royal Albert Hall Concert bilancia equamente la fiducia nelle sue possibilità personali con una sorta di riverenza.

La devozione e l’amore che porta in queste canzoni è palpabile. La sua voce accarezza le parole e le melodie di Dylan addolcendole nella resa ipnotica e mozzafiato di Desolation Row e acuendo il loro pungiglione nelle versioni strazianti di Just Like A Woman e It’s All Over Now, Baby Blue. Il calore e la voce stridente della sua interpretazione onorano le conversazioni e i viaggi all’interno della sublime Visions Of Johanna e della cantilenante Fourth Time Around, dove danza attorno al ritmo delle parole. Uno degli elementi centrali dell’album, che lo rende un’esperienza completamente nuova, è il fatto che a cantarli sia una donna. Dato che Dylan aveva avuto problemi con la rappresentazione del sesso opposto in molte delle sue canzoni, sentire la prospettiva femminile cantare i suoi brani fa sì che l’ascoltatore li apprezzi sotto una luce diversa, esponendo un filo di ironia dietro queste controversie fuorvianti. Sebbene la metà acustica dell’album combini i punti di forza di Marshall e Dylan con un magnetismo particolare, anche la parte elettrica offre molti punti salienti. Inizia con un assalto appropriato in Tell Me Momma dove l’intera band sveglia gli ascoltatori e arriva urlando dietro di lei. Anche se il gruppo non sta cercando di imitare le stesse accentuazioni che gli Hawks hanno fatto nell’originale di Dylan, è interessante sentire il gruppo farsi strada attraverso la canzone al proprio ritmo, quasi come se stesse scoprendo la traccia in tempo reale.

La devozione dell’artista al materiale originale si estende fino al suo allontanamento da esso. Le sue performance allegre e appassionate in Baby, Let Me Follow You Down e Leopard-Skin Pill-Box Hat gli fanno eco sull’onda del suo album rivoluzionario The Greatest. Considerando quanto spazio Mr. Tambourine Man e Like A Rolling Stone abbiano occupato nella cultura pop a partire dagli anni ’60, è un piccolo miracolo che lei offra nuova linfa vitale a queste canzoni con alcune sottili modifiche ritmiche e melodiche. Nella sua interpretazione sinuosa di Ballad Of A Thin Man, morde decisamente i testi acidi in un coraggioso sforzo di far infuriare l’audience. E quando un membro del pubblico ricrea il momento in cui qualcuno ha chiamato Dylan “Giuda”, la sua risposta con “Jesus” rende chiara la sua lealtà. Sebbene curiosità audio come queste possano essere modificate nell’era moderna, il fatto che siano state lasciate è un ottimo indicatore del tipo di artisti che lavorano su un tale progetto.

Sebbene Cat Power Sings Dylan: The 1966 Royal Albert Hall Concert non abbia e non possa avere la stessa atmosfera rivelatrice del concerto originale di Bob Dylan, le performance rimodellate, sagge e amorevoli di Cat Power rafforzano la sua reputazione come una delle interpreti più dotate della sua generazione. Rispetto ad altri album di cover, in cui gli artisti usano i loro idoli come una maschera musicale sui propri volti, Cat Power documenta come dovevano essere quelle sacre sale nel 1966, quando Bob Dylan suonò lì per la prima volta. Anche se Cat Power potrebbe ignorare l’idea di ricreare un concerto, questo è il modo ideale in cui un artista può rendere omaggio a uno dei suoi eroi musicali.

Marco Galvagni

 

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